Arte Greca
Quando si parla di arte greca il pensiero conduce alle sculture sublimi del periodo dell’arte classica, alle morbide forme scolpite nel marmo candido giunto dalla lontana Paros. L’arte greca continentale, dall’età del bronzo all’invasione dorica è definita come “Elladica”.
Intorno al 1200 a.C le popolazioni erano suddivise in: Dori, Ioni ed Eoli. I Dori erano situati nella Grecia centrale e nel Peloponneso; gli Ioni nell’Attica e nelle isole dell’Egeo e gli Eoli nella Tessaglia e Beozia.
Nel VII secolo a.C. La civiltà greca comincia a definirsi con caratteri peculiari nel periodo detto arcaico e nel V secolo circa, raggiunge l’unità politica attraverso la supremazia di Atene.
L’arte greca raggiunse sicuramente i suoi più alti livelli nella rappresentazione della figura umana, e lo studio anatomico dell’uomo e il suo movimento armonioso furono resi nel marmo come nel bronzo, non solo con grandissima abilità tecnica, ma con una solennità che prescinde da gesti o posture, e che deriva da un esatto equilibrio tra fervore e compostezza nell’arte.
In realtà, anche se dell’arte greca più spesso ricorre alla mente il periodo eccelso dell’arte classica, anche il periodo che la precede, e quello che la segue, rappresentano momenti centrali per lo studio di tutta la storia dell’arte a seguire.
L’arte greca è pertanto divisa in tre grandi periodi: il Periodo Arcaico (dall’VII secolo al VI sec a.C.) dove nell’arte sono ancora riconoscibili i modi espressivi dei Dori e degli Ioni, e a cui risalgono templi semplici e massicci ed in arte sculture immobili e solenni. Vengono in questo periodo definite le tipologie fondamentali sia delle opere architettoniche che scultoree.
Comincia ad emergere l’interesse per la rappresentazione della figura umana vista in relazione alla rappresentazione dell’essere divino attraverso forme naturali. I principali tipi di scultura arcaica saranno i Kouros, – giovani uomini- e le Kore- fanciulle. Lo schema di rappresentazione è sempre lo stesso: i Kouroi sono nudi e fissati nell’atto di avanzare con la gamba sinistra. Le braccia sono dritte lungo i fianchi e i pugni chiusi. Lo sguardo è fisso ed accenna appena ad un sorriso, i capelli sono lunghi e raccolti in trecce. Le Korai, invece, presentano un chiton, cioè una veste lunga ed un mantello, l’Himation. Le pieghe dell’abito creano un gioco di luci ed ombre che conferiscono all’immagine un prevalente gusto ionico. È infatti possibile distinguere in questi modelli di donne e di uomini, le prevalenti correnti stilistiche che li avvicinano allo stile dorico, ionico o attico. Le sculture doriche infatti, hanno forme più massicce e i volumi squadrati, come volti a rappresentare uno spirito guerriero.
Quelle ioniche sono più leggere e dense di vivaci giochi chiaroscurali riflettendo una immagine più dinamica e leggiadra, come la civiltà da cui provengono. Infine la plastica attica che si afferma sul finire del periodo arcaico sembra fondere i due stili precedenti nello scopo di pervenire ad un equilibrio formale che ne comprenda i caratteri essenziali. Il carattere quasi astratto delle figure arcaiche cederà poi il passo alle figurazioni a carattere naturalistico che via via porterà all’evoluto concetto di arte come mimesi, imitazione della natura in forma sublimata.
Durante il Periodo Classico, che si definisce anche età di Pericle, (che va dalla seconda metà del V secolo a tutto il IV secolo a.C.), l’arte presenta caratteri unitari e ben definiti e un compito preciso: quello di divulgare valori religiosi, sociali e politici. A questo periodo risalgono i templi slanciati e riccamente decorati e vi corrispondono sculture che propongono una bellezza fisica slanciata, quasi irreale nella loro carica espressiva fatta di tensione e movimento. In arte prevale l’emblematica figura di Fidia. Con il periodo classico si intende anche abbracciare la “seconda classicità”, e quel periodo di tempo che si conclude con la figura di Lisippo nella II metà del IV secolo. Infine il periodo ellenistico che si inquadra dalla data della morte di Alessandro Magno, avvenuta nel 323 a.C. alla conquista da parte dei romani dei regni ellenistici – I secolo a.C.
I riflessi della mutata situazione politica si rifletteranno nella produzione artistica.
L’antica religione greca trovava il suo riferimento nella mitologia. Dal VI secolo a.C. Si svilupperanno, nelle colonie della Magna Grecia e in Asia minore delle forme filosofico-scientifiche separate dalla religione e, nel V secolo., si svilupperanno ancor di più le teorie filosofiche.
Proprio nel periodo culminante dell’arte classica ad Atene agirà Socrate che affermerà l’esistenza di una verità universale. Platone, suo discepolo, opporrà la sua visione idealistica alla crisi di valori che all’inizio del IV secolo cominciava a farsi strada. L’armonico rapporto che si ricerca in arte con le leggi della natura, deriva dal contesto culturale greco. La perfezione formale cui l’arte aspira e che si concretizza nella ricerca di proporzione armonica e equilibrio deve collocarsi nell’ottica di un riflesso divino nella natura e in un perseguito senso etico. Del resto le divinità hanno forma umana e il loro aspetto deve poter richiamare concetti di giovinezza e vigore e comunicare l’idea di una bellezza perfetta e incorruttibile nella loro immortalità. I grandi scultori del V secolo saranno Mirone, Policleto e Fidia.
Nella II metà del V secolo la scultura classica stabilirà i modelli della plastica greca, che perdureranno fino al IV secolo quando subentreranno i diversi caratteri della scultura ellenistica.
Il complesso monumentale dell’Acropoli di Atene, voluto da Pericle, era destinato a divenire il simbolo della grandezza greca: qui, la decorazione scultorea e pittorica ravvivava le forme pure ed eleganti del tempio. La colorazione prevedeva l’azzurro, il rosso, e l’oro su alcune modanature e sui cassettoni marmorei, con motivi geometrici o floreali stilizzati. Le sculture del tempio, erano distribuite su novantadue metope e su un fregio di centosessanta metri che girava intorno alla cella e sui due frontoni. Per avere una idea esatta dell’antica composizione sono stati utilizzati i disegni eseguiti dal pittore Carrey prima dell’esplosione del Partenone, -che era stato utilizzato come polveriera, nel 1687-. Le metope, pressappoco quadrate, erano quattordici sui lati brevi, trentadue sul lunghi. Sul lato occidentale era rappresentata un’amazzonomachia, a ricordo della guerra contro i persiani. Sul lato nord l’unica metopa leggibile è la trentaduesima, che raffigura probabilmente Iris ed Hera, -divinità rappresentanti i fenomeni naturali e la terra-. Nel lato orientale, una gigantomachia. Le metope conservate meglio appartengono al lato occidentale. Il tema era una Lotta fra Centauri e Lapiti, -popolo mitico della Tessaglia noto per avere liberato quella regione dei Centauri- metafora espressa della lotta tra bestialità e ragione. Ideato da Fidia, il lunghissimo fregio, della cella rappresenta in chiave realistica la processione delle Panatenee, (festa civile e religiosa di Atene, che si svolgeva in estate in onore della dea protettrice della città). Sul lato occidentale del fregio, si snoda un corteo di cavalieri con un personaggio che li guida. Sul lato settentrionale cavalieri sono preceduti da carri e seguiti da anziani, da suonatori e da portatori di offerte. Sul lato meridionale la tematica si ripete. Su quello occidentale un po’ meno affollato, le fanciulle ateniesi offrono ad Atena il sacro peplo. Di struttura complessa e dinamica è la rappresentazione sul frontone occidentale. E’ la lotta fra Athena e Poseidone per il possesso dell’Attica.
Il capolavoro di Fidia, è l’Athena Parthenos, d’oro e avorio che era posta all’interno della cella quale sacro simbolo della libertà ateniesi. Alta circa dodici metri presentava le parti nude erano di avorio e gli occhi di pietre preziose. Il capo coperto da un elmo con al centro di una sfinge e ai lati di grifi, la Dea indossava una lunga veste e sul petto una testa di gorgone d’avorio. Nella mano destra reggeva una Nike, la dea della vittoria, coronata d’oro mentre la sinistra recava uno scudo rotondo decorato all’esterno da una testa di gorgone e da un’amazzonomachia.
A sud dei Propilei il Tempio di Athena Nike, presentava una statua di culto, l’Athena Nike, in legno. Lungo il lato sud delle mura fu costruito l’Eretteo, che nel lato meridionale sullo stesso asse presenta la Loggia delle Korai con le note sei statue femminili (cariatidi) oggi sostituite da copie.
La guerra del Peloponneso, svoltasi dal 431 a.C. al 404 a. C segna una svolta: gli ideali etici e politici che si erano basati sulla unità della civiltà greca entrano progressivamente in crisi. Inizia il periodo della cosiddetta “seconda classicità”, nella quale si cominciano ad affermare in arte delle espressioni che indulgono ad una maggiore sensibilità emotiva. Scopas, Prassitele e Lisippo nel IV secolo a. C. ne rappresentano gli sviluppi. Scopas, fu scultore del marmo, e trasferì nelle sue opere una carica espressiva che esprimeva “passione”. Di lui è nota soprattutto la “Menade danzante”, che faceva parte della decorazione di un Tempio. Qui si nota per la prima volta, nella violenta torsione del busto e nella testa rovesciata all’indietro un insieme di coinvolgente movimento, che insieme a quello delle vesti conferisce alla figura il senso ossessivo della danza dionisiaca. Contrariamente al periodo precedente, ora i contrasti chiaroscurali sono forti ed esprimono una intensa drammaticità. Esemplificativo il paragone di Argan, a tal proposito: “Nella scultura di Fidia- afferma il critico- la forma plastica si identificava con lo spazio, in quella di Scopa lo conquista con la forza. Il modellato parte dall’interno, spinge in fuori le forme; la superficie è rudemente tagliata, il suo contatto con la luce è l’atmosfera è urto e attrito”.
Altro riformatore fu Prassitele. Egli ebbe la capacità di portare la divinità accanto all’uomo attraverso il semplice espediente di umanizzare nelle sue opere. Tutto concorre al fattore “umanizzazione”. Prima fra tutti l’elemento “equilibrio instabile”, che si allontana dal precedente classico principio di ponderazione dei pesi. Prassitele ha addirittura bisogno di inserire nelle composizioni degli appoggi esterni. Secondo fattore gli atteggiamenti delle figure, che sono resi naturali ed infine quel morbido modellato, che, arricchito da una verniciatura trasparente portava le sue sculture come a splendere di gioventù. L’Afrodite di Cnido, è mostrata insolitamente nuda e sembra avere da poco concluso un bagno. È come pervasa da una nota di languida sensualità, e l’austera classicità della figura si dissolve in un atteggiamento umano, anche grazie alle morbide gradazioni chiaroscurali utilizzate dallo scultore.
Infine i bronzi di Lisippo, che segnano la fine del periodo classico e danno inizio al periodo ellenistico. Rappresentante della scultura del Peloponneso, di Lisippo sono pervenute solo copie. Egli rivisita il canone di Policleto, alterandone le proporzioni e lo stesso equilibrio spaziale. Eccezionale innovatore, Lisippo pare ispirarsi alle immediate sensazioni della percezione visiva. Le proporzioni nelle sue opere si alterano raggiungendo quel senso di instabilità e moto potenziale di cui si è parlato per le sue sculture. Se osserviamo l’“Apoxyomenos”, cioè quella figura di Atleta intento a detergere il sudore con lo strigile, possiamo notare le accennate alterazioni del canone policleteo. Le braccia piegate in avanti inoltre denunciano una presa di possesso dello spazio circostante che rompe la consuetudine di realizzare dei volumi chiusi. Nel periodo successivo gli insegnamenti di questi tre principali artisti, Scopas Prassitele e Lisippo, genereranno una schiera di seguaci che proseguiranno idealmente la loro opera. I nuovi sviluppi artistici troveranno ora più ampio spazio nelle isole dove avremo le scuole di Rodi, Pergamo e Alessandria.
Dal III secolo al II secolo a.C. Si svolge il periodo Ellenistico. Alessandro Magno riunisce in un grande impero le civiltà dell’Oriente e della Grecia.
L’arte greca arricchendosi di influssi di culture diverse, perde quel carattere unitario che l’aveva contraddistinta nell’età di Pericle e si formano varie correnti artistiche, che fanno capo a vere e proprie scuole. Accade che all’ideale dell’uomo perfetto subentri una riscoperta umanità, con il dolore e la passione. Ci si allontana dalla bellezza idealizzata perché irreale e le opere artistiche tendono a riprodurre ora anche i difetti fisici e le caratteristiche dei volti. Ampio sviluppo avrà la ritrattistica volta anche a tramandare le vere fattezze degli uomini illustri: condottieri, uomini politici, filosofi, poeti e anche artisti.
Alla scuola di Pergamo appartiene quell’emblematica scultura denominata il “Galata morente”. L’accurata resa di particolari evidenzia un realismo inedito. Il pathos di cui è pervasa la figura del galata ferito a morte, colpisce l’animo degli spettatori attuando un coinvolgimento emotivo che è tipico di questa nuova epoca. Alla scuola di Pergamo si deve invece la splendida Nike di Samotracia -220 a.C. Circa. Scoperta a Samotracia nel 1863, quest’opera scultorea eseguita da artisti di Rodi, può a buon diritto essere eletta ad uno dei massimi capolavori della scultura ellenistica. È come colta nell’atto di arrestarsi da un volo, e il drappeggio delle vesti segue il suo gesto seguendo il vortice d’aria prodotto dal suo atterrare.