Il Settecento, dal Rococò al Neoclassicismo
Con Luigi XIV l’arte francese si era orientata alla esaltazione dello Stato, attraverso quelle forme auliche e maestose passate alla storia come Grande Maniere. L’ispirazione partiva dalle forme monumentali del barocco romano, che venivano modificate e adattate al gusto delle monarchie francesi. La nascita dell’Accademie Royale, nella II metà del 1600, aveva incentivato la formazione di uno specifico gusto di ispirazione aulica e classicheggiante. Pertanto, dagli inizi del 1700 si cominciò a determinare una sorta di reazione, contro le espressioni dell’arte di corte che trovò, nella contrapposizione al monumentalismo e all’arte della Grande Maniere la sua ragion d’essere. Tale reazione divenne un elemento comune allo sviluppo di numerose correnti artistiche europee. Successivamente il periodo della reggenza di Filippo d’Orleans si assiste allo spostamento del potere dalla Reggia di Versailles a Parigi; ciò determina la fine del monopolio artistico della corte.
Durante il regno di Luigi XV nasce il Rococò. Il Rococò, che dilagherà in arte, e in architettura, si rivolgerà tuttavia maggiormente alla decorazione degli interni. Sarà un’arte che dilagherà nei costumi di vita, nelle arti minori, nell’abbigliamento, nei giardini. I colori si smorzeranno nei toni tenui degli ambienti di corte. Gli specchi contribuiranno alla realizzazione di ambienti dove l’ambiguo gioco dei rimandi estenderà gli spazi all’infinito. La leggerezza lentamente sostituirà il fasto, denso di corposità, del barocco. Si è concordi nell’affermare che con il Rococò, il Barocco cede il passo ad un gusto più frivolo, raffinato e disinvolto, ma dietro l’apparente spensieratezza si cela forse la consapevolezza di un’epoca che è irrimediabilmente finita. Il Rococò esprimerà un’arte che si rivolgerà all’effimero, indicando in tal modo che la fine del barocco è ormai giunta.
Il termine Rococò deriva da “rocaille”, cioè grottesca, in riferimento ad uno dei principali tipi di decorazione utilizzata da questo stile. Il Rococò si orientò anche ad un recupero dell’esotico e del pittoresco, oltre che ad un gusto elegante, bizzarro e insieme fantastico. Le linee da ondulate diventano estremamente mosse, quasi accartocciate. Le linee generatrici sono quella ad “esse”, e a “c”. Si comincia a preferire la decorazione in stucco a quella marmorea, proprio per assecondare questa tendenza; Le pose sono languide e l’atteggiamento “cortigiano” delle figure è quasi sempre presente. I contrasti forti del barocco, fatti di colori accesi nelle pitture e di luci e di ombre nette in scultura, si stemperano e si noterà un abbandono progressivo dei temi grandiosi che avevano caratterizzato le rappresentazioni negli ultimi cicli pittorici del barocco. I contenuti che prima erano aulici, verranno sostituiti con altri meno impegnativi. Le divinità mitologiche più importanti ad es. ora si eclissano a favore di tutta quella schiera di divinità minori come ninfe, satiri e baccanti. Il gioco delle forme, dei colori e dei contenuti è l’elemento essenziale per l’arte rococò. Alle proporzioni maestose subentreranno quelle più minute e si rivaluteranno le arti minori. La piacevolezza formale, l’eleganza e la grazia espressa ad esempio, nelle pose delle tipiche statuette, troveranno nella porcellana il loro materiale più idoneo.
La Germania estenderà il nuovo stile anche alle architetture civili e religiose e alla scultura, sostituendo i temi di ispirazione profana. Durante il barocco, i pittori si erano dedicati a grandiose decorazioni ad affresco di interni, con arditi scorci e effetti illusionistici atti a simulare sempre più grandi spazi che si popolavano di diverse ed innumerevoli figure. Nel 1700 si attua il passaggio: al grande affresco illusionistico subentreranno schemi asimmetrici che tralasceranno la figurazione illusionistica dell’architettura. Nei primi anni del secolo, gli ultimi dipinti eseguiti a Versailles mostrano già come alle forme e al dinamismo del barocco, subentrino l’agilità e le linee del nuovo gusto. Successivamente la pittura negli edifici sarà posta in grandi tele o lunette.
In pittura Watteau, rappresenterà la società del tempo, vista come un paradiso sognante. Fragonard, uno dei maggiori interpreti della pittura rococò, a sua volta trasfonderà nelle sue tele la vera essenza del gioco sottile e malizioso del rococò. Caricatura e pittura sociale troveranno in Hogarth, in Inghilterra, la loro primaria espressione. Proprio ad Hogarth si dovrà la teorizzazione dei principi del Rococò e della bellezza come un armonico intreccio della forma.
In Italia il passaggio verso una sensibilità nuova si può notare già nella pittura di Giordano, pittore napoletano dei primi del 1700. Con lui la grandiosità barocca di P. Da Cortona si dissolve nella ariosità di un nuovo modo “atmosferico” di dipingere in cui spariscono i riferimenti naturalistici e si anticipano le opere che caratterizzeranno molte espressioni del gusto decorativo europeo del settecento. Sorgono in questo periodo numerose scuole che seguono tendenze differenti presso le corti o nei centri più importanti. Emerge fra tutte quella veneta, che già nel Seicento si era distinta soprattutto per la particolare tendenza “coloristica”. A Venezia la pittura del 700 conosce la sua sublimazione e la pittura veneziana torna ad essere in primo piano. Alla base di questo recupero sta il fatto che Venezia aveva ripreso i contatti con le correnti artistiche del tempo. Giovan Battista Tiepolo, 1696-1770 chiude la grande pittura veneta, superando la tradizione dell’arte come mimesi. Con Tiepolo la finzione è manifesta poiché si evidenzia nella ostentata esagerazione. Successivamente a Venezia saranno molte le personalità ad acquisire rilievo in pittura: il figlio del Tiepolo, Giandomenico; Giovan Battista Piazzetta; Pietro Longhi; Canaletto e Francesco Guardi. La scultura in Italia concepisce un proprio modo di intendere il Rococò in maniera del tutto originale partendo dalle esperienze tardobarocche. In Sicilia emerge la figura di Giacomo Serpotta, di origine palermitana, che produce una infinita varietà di sculture a stucco animate in composizioni di sorprendente grazia e inquadrate come fondali prospettici di scene teatrali. Lo stucco inoltre consente una rapidità esecutiva maggiore e la duttilità della materia apre a nuove soluzioni decorative più confacenti al nuovo spirito.
IL NEOCLASSICISMO
Successivamente, si ricorrerà a forme più sobrie che daranno luogo alla formazione del cosiddetto gusto neoclassico. Si avvierà una vera e propria contrapposizione fra la tematica del pittoricismo e quella del classicismo. L’esaltazione dei valori della ragione, condurrà gli artisti verso un atteggiamento più analitico nei confronti dell’arte e si perverrà in alcuni casi, ad una rivalutazione della purezza dei canoni classici, visti come il risultato di una limpida razionalità di rigore ed insieme di armonia. È la conseguenza dell’illuminismo che ha contagiato tutte le espressioni culturali e che avvicinerà anche l’arte al metodo di analisi razionale.
Il Neoclassicismo nasce in opposizione alle tematiche del Barocco e del Rococò. Della produzione artistica rococò si rifiutano gli eccessi che vengono ora accostati allo stile di vita delle monarchie assolute insieme alla voluta enfasi e teatralità. Al modo tutto barocco di esibire virtuosismi tecnici, subentra l’ideale neoclassico del rigore nella tecnica e all’immaginazione si sostituisce ora il valore della “ideazione”, che pur avendo affinità con l’immaginazione, si assimila all’azione del progettare, utilizzando i procedimenti della ragione. Il barocco, che per suscitare meraviglia aveva utilizzato effetti scenografici ed esibito il dramma, i sentimenti, le passioni, cede il passo ad un modo di rappresentare che non vuole più turbare. Che non vuole più coinvolgere emotivamente lo spettatore. Invece di toccare le corde del cuore si desidera adesso stimolare il senso della ragione in sintonia con le tematiche dell’illuminismo.
Il Neoclassicismo ebbe una poderosa spinta dalla scoperta di Ercolano e Pompei. Due personalità furono considerate determinanti per la diffusione del Neoklassicismo: WincKelmann e Mengs. A loro si devono i principi teorici del Neoclassicismo, visto come “imitazione” dell’arte classica. Sarà l’affresco del “Parnaso” del 1761, eseguito da Mengs nella volta della Galleria di Villa Albani a Roma, a costituire il manifesto ideale della pittura del Neoclassicismo. WincKelmann, e Mengs tuttavia non saranno i soli a sollecitare il dibattito sulle antichità. Nel 1740, si trasferisce a Roma Giovan Battista Piranesi. Incisore e architetto, Piranesi, divenne famoso per le sue incisioni dove esalta il valore delle antichità romane e diffonde l’idea del fascino delle rovine. Piranesi, pur essendo ancora interprete del gusto barocco, ha contribuito con queste sue opere alla formazione stessa del gusto neoclassico. Si configura quindi come un personaggio chiave per la comprensione del passaggio dal barocco al neoclassicismo. Le note vedute di Roma, realizzate tra il 1748 ed il 1775, formano un complesso di incisioni che costituiscono le sue opere più famose. La sua opera tuttavia non rinuncia ad una evasione nella fantasia. La sua unica opera architettonica, Santa Maria del Priorato a Roma, è un piccolo capolavoro, dove l’invenzione si fonte al gusto della ricerca. Si ispira liberamente alle antichità romane, tuttavia le reinventa essendo il suo scopo evocarle e non imitarle.
Molti artisti tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento tendono a definire le proprie opere, in pittura come in scultura, ispirandosi ai modelli antichi, per pervenire attraverso il loro studio ad una “assoluta perfezione formale” al “bello ideale”. In Italia, in scultura, spicca la figura di Canova. Con Canova, alle forme mosse, ricche di decorazione, impostate sui forti contrasti, si sostituiscono opere rigorose, per alcuni addirittura dotate di fredda immobilità. La freddezza, intesa come mancanza di espressività e calore, delle opere canoviane in realtà è conseguenza dell’adesione dell’artista alle teorie del Winckelmann, che dettava di non raffigurare mai le passioni, di suggerire quella quieta grandezza e quella semplicità proprie dell’arte classica. Canova voleva pervenire alla sublimazione della figura, fino al suo identificarsi con una idea trascendente di bello, il “bello ideale”. Dallo studio, condotto a Roma, sui capolavori classici lo scultore definisce il suo linguaggio basato essenzialmente su di una assoluta perfezione delle forme. Conteso dalle maggiori corti d’Europa, la produzione di Canova è imponente. Egli faceva eseguire quasi completamente da dei tecnici, le sue opere scultoree, forse proprio perché, come afferma Argan, “voleva che le sue sculture diventassero fredde e quasi impersonali passando attraverso una esecuzione non emozionata”. Questo a dimostrazione che l’arte neoclassica si servì dei mezzi che la tecnica offriva, sia in architettura che in arte. Se Canova si rivolgerà a delle rappresentazioni idealizzate, collocabili al di fuori dal tempo, in ambito neoclassico altri artisti utilizzeranno il passato (ad esempio avvenimenti storici -o anche leggendari- delle antiche civiltà greca e romana) per affrontare problematiche del presente. Ai modelli classici in questo caso vengono attribuiti caratteri etico-ideologici. “L’arte neoclassica – afferma Argan- vuol essere arte moderna, impegnata a fondo nella problematica del proprio tempo”. La pittura del Neoclassicismo a Parigi, avrà particolare risalto attraverso l’opera David (1748-1825) che è considerato un caposcuola della pittura neoclassica. Il concetto dell’arte come strumento di persuasione, viene trasferito in immagini che esaltano la nobiltà d’animo dei capi rivoluzionari e il loro sacrificio per il popolo. Per questo motivo l’arte del Neoclassicismo, si prestò inizialmente a divenire espressione degli ideali patriottici ed eroici della rivoluzione francese, e poi arte ufficiale dell’impero napoleonico. David, le cui prime opere maturarono in periodo prerivoluzionario, divenne poi il pittore ufficiale nel periodo napoleonico. Egli si ispirerà ai modelli antichi, greci e romani, non solo dal punto di vista formale, ma per fornire un esempio di virtù morale. Realizzerà opere grandiose in pittura, di rievocazione storica. Noto il “Giuramento degli Orazi” del 1784 e la “La morte di Marat”. Quest’ultima opera rivela la capacità di David di creare rimandi visivi ad opere come la Pietà di Michelangelo, o la Deposizione del Cristo di Caravaggio, allo scopo di esaltare la figura di Marat, il medico rivoluzionario ucciso con l’inganno pochi mesi prima della realizzazione del quadro. David aderì alle idee della rivoluzione al punto di divenire un seguace di Robespierre. Successivamente la sua arte si appiattisce verso forme più retoriche. L’opera l’”Incoronazione di Napoleone” del 1807, rivela questa ulteriore fase.
Allievo di David, fu Ingres. In lui, il gusto Neoclassico si stempera verso forme dal disegno lineare, libero ma preciso. Non rimase indifferente alla lezione del Canova del “bello ideale”. Non c’è tuttavia in Ingres, né la tendenza conservatrice di Canova, né quella rivoluzionaria di David. Egli, non aveva un particolare interesse nei confronti della politica, e, pur avendo da giovane fatto dei ritratti di Napoleone, concepiva l’arte come pura forma. Tale forma era però “legata alla realtà, alla singolarità della cosa; era quello che si vede… con chiarezza assoluta” – Argan. Ricordiamo lo splendido quadro del 1808, “La baigneuse de Valpincon”. Qui nei colori chiari, sottilmente pervasi da una luce tenue si ricerca un bello in senso assoluto. Si intuisce che il bello non risiede solamente nella figura della donna, ma nello spazio dove si trova. Tutte le componenti insite nella composizione formeranno una unità che perviene all’idea di bello. I contorni, la sfumatura e i tenui colori delle forme, tutto concorre alla bellezza. La definizione dei particolari, le pieghe dei tessuti, la luce.. luce di cui non si percepisce la fonte diretta, e che – come nota Argan- “si genera dal rapporto del colore leggermente caldo e dorato della pelle con i grigi freddi dei piani del fondo”.
Successivamente grazie alla revisione in chiave critica del passato, non si permetterà più di pervenire solamente alla adesione ai canoni classici ma si tenderà invece alla esaltazione dell’immaginazione pervenendo addirittura, al recupero del sentimento. Questo perché, derivando dall’empirismo, l’illuminismo attribuirà importanza alle sensazioni dell’artista e ad un più generale riconoscimento della libertà della creazione artistica. La sensazione “non è apparenza ingannevole che l’intelletto corregge, ma la materia prima del lavoro dell’intelletto. Nulla essendo nell’intelletto che prima non sia nel senso”. Argan – Storia dell’Arte italiana- vol III. Ecco perché il Romanticismo, che seguirà al Neoclassicismo è in fondo figlio della medesima matrice illuminista. Afferma P. Adorno nel testo “L’arte Italiana” casa editrice D’Anna- :” il neoclassicismo ha in sé molti atteggiamenti romantici o, almeno, preromantici: la fuga nostalgica verso una civiltà scomparsa, quella classica, come un modello di perfezione irrimediabilmente perduto; il senso della morte e della vanità del tutto; l’ardore, anzi il furore eroico; l’anelito di libertà”.
In tale contesto nasce il Vedutismo. Van Wittel, pittore olandese spesso a Napoli, inizia il cosiddetto “vedutismo”. Per la prima volta si desidera nella pittura di paesaggio cogliere aspetti reali. Napoli grazie a questo artista apre nuove vie alla pittura di paesaggio. La veduta prospettica di van Wittel è “uno strumento ottico che inquadra e permette i vedere meglio la realtà…vedere con ordine, con gli occhi e la mente insieme. Vedere le singole cose e il contesto che formano; ma sapendo che l’ordine non è della realtà oggettiva, bensì della mente che valuta e coordina i dati del senso”. – Argan. Il Vedutismo vede come protagonisti in Italia Canaletto e Guardi. Il Canaletto realizza sulla tela le famose vedute di Venezia, che avranno il merito di diffondere l’immagine della città e costituirne una attendibile documentazione grazie anche alla cura con cui dipingeva le sue architetture. Guardi, attraverso luminosissimi giochi di luce, ottenuti con rapide pennellate, crea una sorta di unità tra figure e ambiente. La differenza tra i due artisti si deve cogliere principalmente nel fatto che mentre Canaletto affronta con rigore quasi fotografico la rappresentazione delle sue vedute, Guardi ama filtrarle con la memoria, giungendo a delle rappresentazioni che nella sostanza si allontanano dalla realtà a favore del sentimento. Altri artisti si distinguono nel panorama italiano. A Bologna nel 700, emerge la figura di Crespi e in Lombardia quella di Ceruti. Crespi, di cui si ricorda la “Fiera di Poggio a Caiano” del 1709, realizza una pittura “naturalistica”, con forti effetti luministici. Vi è in lui una commossa partecipazione agli episodi della vita quotidiana. Ceruti, detto il Pitocchetto realizza invece quadri a soggetto religioso ma anche nature morte e ritratti. Le sue opere si distinguono per un forte spirito popolaresco che vuole descrivere la miseria delle classi più disagiate servendosi anche di un crudo realismo. Nell’opera intitolata “I due pitocchi” si può ravvisare un influsso dei pittori spagnoli Velasquez e Murillo. Nel 1740 Longhi, influenzato proprio dalle opere di Crespi decide di dedicarsi alla pittura di genere prediligendo scene di vita quotidiana o familiare. Notissimo il dipinto “La mostra del rinoceronte-” del 1751.