Pop art
Quando all’interno dalla corrente artistica POP ART, Lichtenstein realizza l’opera dal titolo “Ragazza con la palla” sembra volesse dire che la POP ART è un’arte da prendere al volo, proprio come la palla che tiene la ragazza, realizzata con il linguaggio di immediata e consumata lettura come quello dei fumetti. “Quelle immagini – afferma Argan- diffuse a milioni di esemplari dalla stampa quotidiana e periodica, non pretendono di essere opere d’arte: comunicano sinteticamente e visivamente un contenuto narrativo”.
Il termine Pop-art deriva da Popular art e serve a contraddistinguere tutte quelle varie manifestazioni artistiche che, a vario titolo, confluiscono all’interno di questo rivoluzionario fenomeno. Nata in Inghilterra, (data il 1956 un’opera dell’inglese Hamilton), la POP ART si sviluppò successivamente soprattutto negli Stati Uniti. Personalità come, Johns, Rauschenberg, considerati fautori del genere, e Warhol, Wesselman e Rosenquist sono solo alcuni dei nomi più noti di questa corrente artistica, che rappresenta uno dei momenti maggiormente fecondi della produzione artistica americana.
I combine-painting di Rauschenberg che si basano sull’assemblaggio di oggetti presi dal quotidiano dell’artista, tuttavia, non sono accostabili alle composizioni di Schwitters. Afferma Argan: “…il gesto non si limita a tracciare i segno sulla superficie della tela, ma muovendosi in tutte le direzioni, si appropria di ciò che tocca e lo implica nel quadro”. Opera l’artista in “una società che conosce soltanto il presente e non ha pietà per ciò che non serve più, è passato”.
Autori come Wesselman e Rosenquist, che hanno cercato nel kitsch, quel quid che contraddistinse le loro opere. Determinante per la diffusione del linguaggio fu la Biennale di Venezia del 1964, in cui la sezione statunitense presentò nuovi artisti scoperti da Leo Castelli. Inizialmente si voleva accostare la POP art al genere New dada, ma ciò non fu poi confermato dai successivi sviluppi. Per attuare quella “ironizzazione della civiltà consumistica”, affermata da Dorfles, l’artista si avvale di una immensa varietà di tecniche esecutive, che vanno dal collage all’ingrandimento fotografico e fotomontaggio, dallo stampo in gesso alla fusione di materiale plastico, ecc….
Originalissime le opere di Oldenburg, (il tubo di dentifricio gigante o la macchina da scrivere morbida), che propone oggetti di uso comune ingigantiti o alterati nei materiali e che include la percezione tattile dell’opera, da parte del fruitore. O quelle di Rosenquist, che proviene da una formazione di cartellonistica pubblicitaria e che si avvarrà della sua esperienza nella creazione delle sue opere giganti. Warhol, il più noto esponente della Pop art, che riproduce con ripetitività lo stesso soggetto, il viso di Marilin o la bottiglia di Coca-cola nella intenzione di annullarne il significato originario utilizza l’elemento di riporto fotografico secondo un procedimento serigrafico e in cui domina la “‘iterazione compulsiva dell’immagine”. Egli, afferma G. C. Argan. “preleva l’immagine dai circuiti dell’informazione di massa, come Lichtenstein, ma la presenta logora, consumata. (…) Warhol analizza la parabola discendente o di disfacimento, l’iter del consumo psicologico dell’immagine notizia”.
Ogni autore si esprime con un proprio linguaggio tanto che è quasi impossibile non riconoscere ad esempio le opere di un Segal, che ripete figure umane realizzate in gesso a grandezza naturale, colte nell’atto di compiere i gesti quotidiani, che comunicano tutta l’angoscia esistenziale della società dei consumi, in cui l’uomo viene visto solo nell’ottica del potenziale consumatore. Molto spesso l’interesse dell’artista sembra rivolto alla vita quotidiana dell’uomo contemporaneo e a quel mondo artificiale costituito dagli innumerevoli prodotti industriali d’uso comune e dai mezzi di comunicazione di massa. E’ un mondo colorato, gigante e sembra volere comunicare allegria… ma nasconde l’ansia di una angoscia esistenziale che si cela dietro i colori pieni e vivaci, le superfici lucenti fatte di smalto o di plastica.
L’ambiente urbano, abituale, diventa un soggetto di rappresentazione per quanto attiene i vari aspetti della vita quotidiana. Ma la POP ART si appropria anche di accadimenti di carattere storico e sociale, e li converte in oggetto di consumo, rappresentandone solo gli aspetti più superficialmente esprimibili. Il fenomeno in Europa conduce a nomi di spicco come Richter e Polke. Schifano, Angeli (vedi la serie del dollaro), Festa (ironico nell’atteggiamento neo-classicheggiante), Gilardi e Pascali caratterizzano invece il panorama del POP italiano, che si sviluppa specialmente a Roma. Kounnelis infine, pur essendo greco si può ascrivere al POP italiano.