Palermo manierista e Palermo barocca
Alla fine del 1500 alcuni architetti siciliani, ma formatisi a Roma, agiscono in Sicilia. Essi aderiscono ai linguaggi peninsulari attraverso un meccanismo di accettazione dei temi ivi appresi, mediandoli però attraverso caratterizzazioni proprie. In sostanza, pur appropriandosi delle idee di fondo appartenenti al manierismo, danno vita ad una serie di opere pienamente aderenti al contesto architettonico della Sicilia. Porta Nuova, edificata nella seconda metà del 1500, è uno splendido esempio di arte manieristica con i suoi telamoni dall’aspetto orientale, quasi due geni della lampada posti a proteggere, più che a sorreggere, questo simbolico ingresso della città. (Il 15 Settembre del 1535 vediamo il trionfale ingresso a Palermo, proprio attraverso “Porta Nuova”, di Carlo V d’Asburgo, erede del Regno di Sicilia e di Napoli. Carlo V fu incoronato re nella Cattedrale di Palermo e tenne la reggenza del Regno per 40 anni).
Un altro esempio di architettura di stampo manieristico è la fontana Pretoria. Ricca di simboli esoterici e riferimenti mitologici, la fontana presenta tra le statue alcuni personaggi che rappresentano i quattro storici fiumi di Palermo: il Carapieli –Gabriele-, il Kemonia, l’Oreto e il Papireto.
Il manierismo a Palermo è anche quello che ha prodotto alcuni originalissimi portali. Un fittissimo ricamo di pietra, prevalentemente disposto in fasce parallele, decorano numerosi portali di ingresso di palazzi a Palermo. E quanta fantasia! Scaglie di pesce, frutti e fiori corteccia di palme, tutto è utilizzato per proporre allegoricamente, rimandando al variopinto mondo della materia organica. Il cantonale dell’Ospedale di San Giacomo, riporta nei suoi giochi di ombre e materia ad un modo tutto manieristico di esasperare le forme della natura e di elaborare costanti richiami alla materia organica. L’Arsenale dello Smiriglio del 1620, presenta una maggiore austerità nelle forme delle bugne, che non presentano una eterogeneità decorativa così forte. La Porta dei Greci venne realizzata nel 1581 aderisce allo spirito manieristico nella lavorazione della bugna.
Al termine del Corso Vittorio Emanuele, si trova la Porta Felice, il cui nome si deve al nome di Donna Felice Orsini, moglie del vicerè Marcantonio Colonna. In seguito al prolungamento fino al mare dell’antico Cassaro, nel 1582 si diede inizio alla costruzione della Porta che, con la sua sontuosità, doveva dare risalto all’asse principale della città.
La Porta fu costruita su disegno dell’architetto palermitano Mariano Smiriglio; i lavori di costruzione si protrassero fino al 1637, data in cui la porta assumeva il rivestimento di marmo grigio che ancora oggi ammiriamo. La Porta, è costituita da due imponenti piloni non raccordati fra loro e conclusi in alto da una grande cornice aggettante, delimitata da un parapetto e da una loggia. A coronamento dei piloni sono poste due aquile marmoree reggenti stemmi di re spagnoli. Le statue di canèfore che ornavano le quinte marmoree della porta, alludevano all’alternarsi delle stagioni come premessa all’abbondanza dei campi ricollegandosi dunque, allegoricamente, ai simboli del tempo e della fertilità.
Senza una precisa linea di cesura, ma anzi attraverso quella che si potrebbe definire una sfumatura leggerissima, il manierismo incede verso il barocco. Emblematico l’esempio del Teatro del Sole, da alcuni declamato come tipicamente barocco, da altri pienamente manieristico. Collocato all’incrocio dei due assi viari principali: il “Cassaro” – Corso Vittorio Emanuele-, e via Maqueda (la forma di croce ha rappresentato nel tempo, oltre che un dato di carattere urbanistico anche un segno di natura augurale) i quattro canti, celebrano con la loro enfasi la sacralità ed il forte simbolismo dell’incrocio.
L’architettura seicentesca in Sicilia, e quindi anche a Palermo, è principalmente generata dall’attività di architetti che dal 1650 circa, riuscirono a introdurre il nuovo linguaggio all’interno di un tessuto dove già rinascimento e il manierismo avevano agito in modo incisivo. Mentre nella parte Orientale della Sicilia, il terremoto produrrà le condizioni per un esplosione del barocco, nella parte occidentale dell’Isola il Barocco sarà invece caratterizzato da un implodere che si concentrerà nella costruzione di quegli edifici che si offriranno meglio a questo linguaggio, e nella esaltazione della decorazione interna.
Gli architetti che proposero il linguaggio barocco a Palermo avevano avuto modo di conoscere le architetture del Borromini, del Guarini, del Cortona e del Maderno. Tali lezioni si espliciteranno nella composizione di edifici – le Chiese- a pianta centrale dove si potevano sperimentare temi come quello della compenetrazione (il contrario del principio della semplice addizione delle parti), arrivando a concepire planimetrie poligonali o ovaleggianti certamente più complesse, ma sempre attente ad un compromesso con il linguaggio precedente. La facciata si apriva al dialogo con lo spazio circostante in modo autonomo dal retrostante involucro spaziale dell’edificio, ma il principio tuttavia restava quello della sovrapposizione degli ordini rinunciando all’applicazione dell’ordine gigante. L’introduzione di elementi di raccordo, come le volute, erano necessari per ottenere quegli effetti di slancio tanto cari al barocco. La zona centrale, sicuramente enfatizzata, recava quasi sempre una accentuazione di tipo figurativo. Infine la cupola, per il valore di segno che assumeva nell’intero contesto urbano, diventava un elemento irrinunciabile e quasi sempre caratterizzante.
Scrive J. Lima nel suo “Palermo, struttura e dinamiche” del 1997: “Campanili e cupole, magneti urbani. Sono i rimandi alti. Vere e proprie insegne sintetizzano la struttura gerarchico spaziale della città. Producono ed irradiano energia. Nel sei e settecento con nobili e clero padroni già in crisi della città, cupole e campanili esplicitano la forza di innesto nell’organismo urbano dei singoli potentati religiosi. Ciascuno investe spazialmente rimettendo in circolo l’energia semantica medievale del verticalismo”.
Queste parole sintetizzano uno degli aspetti maggiormente significativi di quello che fu il volto barocco della città, il suo tradursi in immagine complessiva e la sua capacità di accentrare visivamente, di catalizzare l’attenzione attraverso emergenti cupole e campanili, degli edifici barocchi della città: le Chiese. E’ soprattutto con le Chiese che il barocco palermitano gioca sull’effetto sorpresa, che si realizza grazie all’innesto di architetture barocche su un tracciato urbanistico ancora medievale. Contrariamente all’aspetto esterno, l’interno delle chiese barocche palermitane, presentano un impianto ancora rinascimentale, sul quale poi si interviene con il fastoso apparato decorativo barocco. E’ infatti nella decorazione interna delle chiese che Palermo barocca si esprime ai massimi livelli… la città conserva esempi di notevole importanza come ad esempio gli stucchi serpottiani, che stanno oggi conoscendo la giusta rivalutazione a livello europeo. Si dice che la stagione barocca a Palermo giunse tardi, e che per questa ragione il permanere del linguaggio rinascimentale non ha permesso uno sviluppo pieno e coerente alle tematiche proprie del Barocco. Ma è proprio in questo suo indugiare, che ha generato un sovrapporre, un contaminarsi con il linguaggio precedente e con l’incombere del successivo, che sta la chiave della particolarità barocca espressa dai monumenti cittadini.
Tre furono i principali protagonisti del barocco a Palermo: Angelo Italia, Paolo Amato e Giacomo Amato.
Angelo Italia, che ritornato a Palermo dal 1685 si occupadella costruzione della Chiesa di San Francesco Saverio che presenta un impianto inedito per la Sicilia: un vano centrale a forma di ottagono irregolare. La Chiesa presenta lungo gli assi 4 spazi rettangolari absidati e, lungo le diagonali, 4 spazi esagonali che verso l’esterno si concludono con superfici cilindriche.Anche se le cellule spaziali proposte si aggregano per semplice accostamento, e quindi non si raggiunge la compenetrazione degli esempi romani borominiani e guariniani, l’interno del San F. Saverio rimane come uno degli spazi interni più significativi del tipo di barocco attecchito a Palermo. La facciata presenta uno schema di tipo classicista e un campanile, gli ordini sono sovrapposti e le colonne libere; il frontone è spezzato. La cupola tuttavia non sembra tener conto della particolarità dello spazio interno e appare pittosto sovrapposta ed pertanto risulta appartenente ad un linguaggio di tipo classicista, anche per via della ripartizione regolare di costolonature della calotta, che sono poggianti su otto colonne libere in corrispondenza del tamburo.
Paolo Amato (1634-1714), nominato architetto della città di Palermo nel 1687, apparteneva all’ordine dei Ministri degli Infermi. Elaborò il progetto della Chiesa del SS. Salvatore del 1682. La facciata presenta tre finestre in sommità per l’alloggiamento delle campane. Per quel che riguarda lo spazio interno, esso si presenta a pianta centrale e segue un ottagono irregolare contrassegnato dalla presenza di alcune profonde cappelle quadrate sull’asse trasversale. L’impianto è simmetrico lungo i due assi e si conclude coerentemente con la volta di copertura. Vi è anche un richiamo al borrominiano San Carlino: l’ingresso sul lato corto.
Altro grande protagonista fu infine Giacomo Amato, che diede a Palermo opere barocche molto significative. Il suo particolare linguaggio cercò una monumentalità che, nel barocco, tese in qualche modo a fare permanere la tradizione rinascimentale. Un elemento costante in giacomo fu l’utilizzo della colonna libera. A Giacomo Amato si deve nel 1688 la Chiesa di St. Teresa all Kalsa. Ripropone qui il linguaggio romano del Cortona e del Maderno. Riferimenti al V. Longhi invece sono percepibili nel tipo di sovrapposizione degli ordini. Sull’ingresso, sostenuto da colonne è il coro, dal quale le suore – committenti- potevano assistere alle celebrazioni e anche ammirare la bellissima sala, bianca e oro e con decorazione a stucco del Serpotta. L’opera presenta un interno ad unica navata, con altari laterali incassati, scanditi da un ordine composito di lesene. La facciata presenta due ordini sovrapposti e le colonne sono questa volta, fortemente aggettanti. Il portale principale contribuisce alla accentuazione della zona centrale: un frontone curvo trova sovrapposta la decorazione scultorea, sopra il timpano curvilineo conclude la trabeazione del primo ordine. Di Amato sono anche alcuni palazzi che presentavano i tipici cortili porticati e gli scaloni monumentali (ad es. il Palazzo del Principe di Cutò che presenta uno scalone a tenaglia).
La Sicilia rimase sotto gli Asburgo fino al 1700. Il 1701 vide l’inizio della lunga dominazione borbonica che si protrasse oltre 150 anni. Le rivoluzioni che si susseguirono in Sicilia dal 1820 al 1849, portarono successivamente all’annessione all’Italia.
Presso porta Felice, nella piazzetta St. Spirito, si trova una fontana chiamata del “cavallo marino” opera di I. Marabitti risalente al 1700.
In seguito ai bombardamenti del ’43 la fontana venne parzialmente distrutta e nel 1973 restaurata grazie all’opera svolta dallo scultore Geraci S.