Nebrodi

I Nebrodi costituiscono l’ideale continuazione della catena appenninica e constano di ben 220.000 ettari e di circa 170.000 abitanti distribuiti nei 59 comuni arroccati prevalentemente sui monti.. Si hanno ben poche conoscenze dell’epoca preistorica e protostorica sugli insediamenti e sulle culture della Sicilia settentrionale. Pare comunque certo che Ausoni, Siculi e Morgeti si siano insediati nell’area dei Nebrodi sul finire dell’età del bronzo e l’inizio di quella del ferro. La parola Nebrodi viene dal greco e risale ai primi insediamenti esplorativi a Capo Tindari; Per alcuni il toponimo discende da Nebros, cioè dal nome dei cervi che popolavano la regione -Nebros, in greco, significa infatti cerbiatto.
La cultura greca sviluppò rapidamente, ma la sua influenza si fece sentire prevalentemente sulle coste considerando le aree interne perlopiù come riserve strategiche di materie prime per la flotta e per le esigenze urbane e militari. Un vero e proprio sviluppo del territorio si ebbe dunque solo in epoca romana, quando il territorio assunse una grande importanza strategica. La spinta colonizzatrice romana si esercitò sulla costa, creando le premesse per le civiltà di Tindari, di Aluntium e di Apollonia, ma la penetrazione verso l’interno – ad opera dei costruttori romani cui serviva il legname per le navi – contribuì alla nascita di alcuni nuclei abitativi dei Nebrodi. Successivamente la decadenza dei traffici commerciali e la pressione della pirateria mise in crisi il sistema urbano ed economico della costa. Ne trassero pertanto profitto i bizantini per favorire la penetrazione attraverso l’interno con insediamenti a carattere religioso.
Si sviluppa l’architettura basiliana; sorgono il San Filippo di Fragalà, il santuario dei santi Alfio, Filadelfio e Cirino presso San Fratello ed il San Nicolò del Fico a Raccuia. Una svolta fondamentale per tutta la storia della Sicilia, in particolare per il territorio dei Nebrodi, si ebbe poi con la conquista araba, iniziata nel IX sec. e portata rapidamente a termine anche per il favore degli indigeni attratti dalla illuminata politica economica degli invasori. Si ebbe una ripresa dell’agricoltura, della pesca e del commercio del legno e nacquero così altri villaggi. L’origine di molti centri dei Nebrodi, come l’attuale Caronia, Galati, San Salvatore di Fitalia, ecc… risalgono proprio al periodo saraceno.
Il complesso fortificato di Caronia, l’araba Qal al Qawarib che, con Tusa, fu un caposaldo di resistenza islamica all’espansione normanna, è una testimonianza del passaggio di tale cultura determinante per l’area dei Nebrodi. Nel decennio 1060-1071 i fratelli Altavilla, conquistarono la fascia settentrionale da Messina a Palermo ed in questo periodo, molte chiese basiliane sopravvissute alla conquista araba furono riedificate. L’architettura religiosa dell’epoca (1061 – 1130) risente comunque di una certa continuità stilistica dovuta alla presenza di maestranze locali islamiche. Le prime cattedrali siciliane sono invece la risultante dell’impegno assunto dai Normanni come difensori e restauratori del Cristianesimo, oltre che di una politica di tolleranza del clero greco basiliano, considerato necessario elemento per la lotta contro i Musulmani presenti nell’isola.
Accanto alle grandi cattedrali di Troina, – prima diocesi normanna – di Mazara e di Catania furono costruite, o ricostruite, piccole chiese conventuali basiliane, soprattutto in Valdemone, dove l’ellenismo era più sentito che altrove. Queste piccole chiese monastiche basiliane si modellano allo schema edilizio bizantino a pianta centrale, come quello della chiesetta di Castiglione nella valle dell’Alcantara o della cella tricora di Malvagna, ma s’integrano con quello longitudinale latino. All’incrocio fra navata centrale e transetto, su di un tamburo per lo più quadrato o poligonale, sorge una cupoletta raccordata da trombe d’angolo a rincassi, alveolature o muqarnas, che spesso si associa ad altre sul presbiterio e sul transetto. A differenza delle greche e di quelle calabresi, questi edifici non hanno cupole rivestite da un tamburo esterno coperto da tetto tegolato ma, salvo rare eccezioni come Santi Alfio e Filadelfio di San Fratello, presentano cupolette.
Parallelo allo sviluppo dei cenobi basiliani dell’entroterra montuoso, e favorito dagli stessi monarchi Normanni, si ha quello dei monasteri benedettini, anche se in numero inferiore a quelli della parte occidentale dell’isola (monastero del S.S. Salvatore di Patti, fondato dal Conte Ruggero con decreto dato in Mileto nel 1088).
Ai Normanni seguirono gli Svevi. Di Federico II, come traccia evidente del dominio assoluto che egli volle imporre a tutta l’isola, restano i “castelli” con carattere di specifico presidio militare che egli fece edificare in luoghi strategici o che rafforzò e munì come a Brolo e Ficarra.

edificio rurale

 Ma alla sua morte, nel 1250, seguì una lunga fase di decadenza caratterizzata dall’avvicendarsi al potere di signorotti imposti dai ‘sovrani o per successione naturale, per matrimoni, o avvicendamenti di varia natura contro i quali si verificarono molte sollevazioni popolari. Allorché la costa cominciò a essere minacciata dalle incursioni dei pirati barbareschi si assiste ad un progressivo abbandono o spopolamento dei centri costieri e un flusso migratorio verso i paesi dell’interno, tanto più sicuri quanto più impervi e svilupparono tutti quei centri che godevano di migliore posizione naturale oltre che di più ampie risorse idriche e agricole di utili sistemi viari come Montalbano, Naso, Tortorici, Mistretta, San Fratello.

il bosco

I Nebrodi conservano quasi intatto il proprio patrimonio storico e naturalistico, e ciò probabilmente perché le località presenti non sono state investite da un tipo di crescita dissennata o da attività economiche atte a travolgere equilibri ambientali delicati. Così gli impianti urbanistici dei centri antichi, ma anche quelli viari -come le mulattiere e le “regie trazzere”-, sono giunti fino a noi integri e costituiscono nel loro complesso un patrimonio da tutelare poiché forniscono l’idea esatta della struttura storico-territoriale del sistema economico che nelle diverse epoche, si è instaurato nel territorio dei Nebrodi. Tutto questo patrimonio è inseribile all’interno delle politiche di sviluppo che siano compatibili con l’ambiente (ad es. nel caso dello sviluppo turistico sarà opportuno orientarsi su scelte che coniughino la tutela ambientale con la implementazione del settore turistico).
Le comunità presenti nei Nebrodi hanno ovviamente a cuore la tutela della propria identità culturale e dei propri luoghi e tradizioni. 

pistacchi

Promuovendo una coscienza collettiva e una corretta gestione urbanistica e ambientale che preveda un uso del territorio in termini non solamente utilitaristici ma di sviluppo conservativo, si contribuisce a preservare l’immenso patrimonio storico e ambientale dei Nebrodi. La recente costituzione del Parco naturale si colloca in tal senso, non in una prospettiva di mera conservazione, ma di sviluppo delle aree boschive da avviare insieme ad operazioni di risanamento e di conservazione urbana e delle colture.
L’istituzione del Parco dei Nebrodi, fornisce un’occasione per il recupero complessivo di tutte le potenzialità dell’intera area attraverso una strategia articolata che preveda anche l’impiego di tecnologie avanzate sul terreno della protezione preventiva degli incendi, l’assunzione di personale specializzato per la salvaguardia del verde, il coinvolgimento dell’iniziativa privata nella riforestazione, ecc… Ne beneficia pertanto l’occupazione giovanile, che favorisce la permanenza nei luoghi della popolazione, elemento questo indispensabile per la vita stessa dei Nebrodi.