Piazza Armerina
Nome Abitanti: Piazzesi
Popolazione (2011): 22.196
CAP: 94015
Provincia: Enna (EN)
Codice Istat: 086014
Codice Catastale: G580
Coordinate GPS (Lat Lng): 37.38333, 14.36667
Altitudine (m. s.l.m.): 697
Patrono: Maria santissima delle Vittorie
Giorno festivo: 3 maggio, 15 agosto
Altre informazioni
Piazza Armerina, probabilmente fondata da Gela fu distrutta nel 1161 da Guglielmo il Malo e ricostruita a un paio di miglia dal luogo originario nel 1163, con Federico II d’Aragona nel 1296 fu sede, dei Comizi Generali della corte e nel sec. XV divenne città demaniale. Possiede un bel centro storico che si sviluppa intorno al Duomo, barocco, eretto dal Torriani nel 1627. Intorno al Duomo, si sviluppa il nucleo antico della città, caratterizzato vicoli medievali e della presenza di bei palazzi rinascimentali e barocchi come il barocco Palazzo Trigona che sorge sui resti di una chiesa quattrocentesca della quale rimaneancora il campanile.
Alle spalle del Duomo, si trova il secentesco complesso francescano oggi ospedale, la cui chiesa, in pietraarenaria e mattoni, possiede un campanile coronato da una guglia conica maiolicata. Il lato sud del convento conserva un bel balcone sorretto da mensole barocche, opera di G.V Gagini. Interessanti anche la Chiesa di S. Ignazio di Loyola, che ha una facciata preceduta da un’elegante scalinata a tenaglia, la Chiesa di S. Anna, con una facciata fortemente convessa; la Chiesa di S. Martino di Tours, le cui fondamenta risalgono al 1163 e le chiese di S. Andrea e di S. Giovanni di Rodi che risalgono al sec. XII. Il 13 ed il 14 agosto, a Piazza Armerina si svolge il tradizionale “Palio dei Normanni”.
La villa del casale – Probabilmente costruita tra la fine del III sec. e l’inizio del IV sec. d.C. questa imponente villa di campagna è stata voluta da un personaggio ricco ed illustre dei tempi. Uno dei nomi più probabili sembra essere quello di Massimiano, uno dei componenti della Tetrarchia che resse l’impero dal 286 al 305 dC che la abitò fino al XII sec.
Distrutta da un incendio e sepolta da acqua e terra alluvionale intorno al 1161 è stata riscoperta parzialmente solo a partire dalla fine dell’800.
Di 3500 mq ca la villa si disponeva su più livelli. L’entrata principale immetteva nel cortile poligonale da cui si aveva accesso al grande peristilium attorno al quale erano disposte le stanze per gli ospiti (a nord) e dei padroni di casa (a est). Contigui alle due stanze riservate agli ospiti, v’erano gli ambienti di servizio loro dedicati, completi di cucina.
La zona consacrata ai padroni di casa era suddivisa in due ali da una grande basilica che serviva per le riunioni ed i ricevimenti ufficiali. La zona conviviale era situata a sud ed era composta da un grande atrio ellittico su cui si affacciavano il grande triclinium trilobato, sei piccole stanze e gli ambienti di servizio. La parte occidentale del complesso era occupata dalle terme. Il rifornimento idrico era assicurato da due acquedotti collegati ad un terzo alimentato dal fiume Gela che scorre a pochi metri di distanza. La caratteristica che rende unica la villa risiede nella ricchezza dei mosaici Policromi caratterizzati da una grandissima varietà di soggetti che sono giunti a noi. Alcune stanze presentano una decorazione musiva geometrica dai motivi più vari: intrecci, cerchi, stelle, croci a torciglioni, esagoni. Le altre, che presentano scene figurative mitologiche, di vita quotidiana, ma anche scene di caccia grossa, i giochi circensi, le feste in onore degli dei o la raccolta dell’uva sono importantissime per la fedeltà con cui vengono riprodotti le fiere e gli animali esotici la frutta, riprodotta in maniera minuziosa e realistica, il senso del movimento e dell’azione che rende vivide e reali tutte e raffigurazioni.
Appena entrati nel complesso si costeggia, sulla sinistra, un tratto dell’acquedotto che serviva la villa. Una serie di ambienti costituivano il complesso termale: I grandi forni (praefurnia) servivano a riscaldare l’acqua che, sotto forma di vapore, passava poi nelle intercapedini di pavimenti e pareti e riscaldava gli ambienti. Lungo alcune pareti si possono ancora vedere resti dei tubi che correvano lungo tutta la superficie. Il sistema di riscaldamento dei pavimenti è invece visibile nel Tepidarium, stanza a temperatura moderata, posta subito dopo i Calidaria (per la sauna ed i bagni caldi): delle colonnine in laterizi sostengono il pavimento vero e proprio, lasciando così un’ampia intercapedine tra questo ed il suolo, dove l’aria calda poteva circolare liberamente. Il Frigidarium è a pianta ottagonale, il locale era destinato ai bagni in acqua fredda e presenta una decorazione musiva centrale d’ambientazione marina: amorini pescatori delfini, tritoni, nereidi. In un’esedra è raffigurato un uomo assiso su una pelle di leopardo, accudito da due servi.
Passata l’edicola di Venere (locale di passaggio così chiamato per il ritrovamento di frammenti di una statua della dea), si raggiunge il cortile poligonale delimitato da un portico a colonne. Al centro sono visibili i resti di un impluvium. L’entrata principale della villa era dal cortile: si possono ancora vedere, sul lato sud, i resti dell’ingresso. La Sala delle Unzioni era un piccolo ambiente quadrato la cui decorazione musiva ricorda la funzione a cui era destinato. Si distinguono degli schiavi pronti ad ungere e massaggiare il corpo dei bagnanti con alcuni degli strumenti del mestiere: come lo strigile, sorta di pettine curvo e dotato di manico usato per sfregare e pulire la pelle, e l’ampolla dell’olio. Sotto due schiavi reggono rispettivamente un secchio ed una scopa. Al Peristilium si accede passando per un vestibolo. Il mosaico rappresenta delle figure con in mano un candelabro, un ramo di alloro e, la figura sotto, un dittico (libretto formato da due tavolette) da leggere per dare il benvenuto al padrone di casa e agli ospiti. Subito di fronte, si trova il lararium, ove venivano conservate le statuette delle divinità protettrici della casa, i lari.
L’imponente quadriportico (8 le colonne sul lato corto, 10 sul lato lungo) è dominato da una grande fontana sagomata con al centro una statuetta. Lungo tutti e quattro i lati del quadriportico corre una bella decorazione musiva a medaglioni tondi entro cornici quadrate, ornate agli angoli da uccelli e foglie. Nei medaglioni sono raffigurate teste di animali come orsi, tigri, cinghiali, pantere, cavalli e bovini Nella piccola latrina un mosaico del pavimento è decorato da figure di animali tra i quali si distinguono un asino selvatico, un gattopardo, una lepre e una pernice. La cosiddetta sala del Circo ha forma allungata ed arrotondata alle due estremità, ed era, con tutta probabilità, la palestra delle terme. Il mosaico riproduce un circo, identificato come il Circo Massimo a Roma. E’ rappresentata una corsa di quadrighe, parte finale della festa in onore di Cerere, la scena è molto dettagliata: sopra la spina, che costituisce la linea mediana attorno alla quale corrono cavalli, il vincitore viene premiato da un magistrato togato che gli consegna la palma della vittoria, mentre un altro personaggio suona una tuba per indicare la fine della gara. Sulla sinistra, lungo la curva, si distinguono gli spettatori, tra i quali passa un ragazzo a distribuire del pane. Sulla curva a destra si vedono tre templi dedicati a Giove, Roma ed Ercole ai cui piedi si svolge la vestizione di un auriga: un fanciullo gli porge l’elmo, mentre un secondo gli consegna il nerbo.
Gli aurighi indossano tuniche verdi, bianche, azzurre o rosse ad indicare l’appartenenza a una delle quattro fazioni in gara. Lungo il lato settentrionale del peristilio si apre una serie di stanze destinate agli ospiti. Vi si accedeva da un secondo vestibolo, nella cui decorazione si vuole ravvisare la Domina con i figli e le ancelle che reggono abiti e una cassetta per gli olii. Le stanze erano locali di servizio completi di cucina, nella quale si vede ancora il forno. La sala della Danza presenta un mosaico incompleto con donne ed uomini che danzano. In particolare una ragazza, in alto a sinistra, muove sinuosa un velo sopra il capo. La sala delle Quattro Stagioni ha all’interno di quattro medaglioni raffigurate le stagioni, personificate nei volti di due donne (primavera ed autunno), riconoscibili dalla veste, e due uomini (estate ed inverno) con una spalla scoperta.
Nella sala degli Amorini Pescatori, alcuni amorini sono intenti a pescare con le lenze, la fiocina e la rete o a giocare in acqua con i delfini. Nella parte alta si delinea la costa, con il fronte di una grande costruzione preceduta da un portico a colonne. Alle spalle si riconoscono delle palme e dei pini marittimi. Alle pareti si intravedono ancora resti degli affreschi raffiguranti amorini entro riquadri. La sala della Piccola Caccia presenta cinque quadri vengono presentati i momenti salienti di una battuta di caccia, in alto a sinistra un cacciatore conduce al guinzaglio i cani che vengono poi liberati e spronati a inseguire una volpe.
Diana, dea della caccia, è rappresentata al centro del secondo registro, sopra una colonna. Due personaggi d’alto rango bruciano dell’incenso sull’ara, mentre, alle loro spalle, un cinghiale viene trasportato dentro una rete (sulla sinistra) e un cacciatore mostra una lepre che ha catturato (sulla destra).
Tutta la parte centrale del mosaico è occupata dalla scena di un banchetto. Sotto una tenda rossa, legata agli alberi, viene cotta della selvaggina. E il momento del riposo: i cavalli sono legati, le reti sono appese ai rami, i cacciatori, seduti a semicerchio, si rifocillano.
Tutt’intorno scene di caccia: in alto a sinistra due falconieri scrutano degli uccelli nascosti tra i rami di un albero: a destra un uomo tra i cespugli incita i cani ad inseguire una lepre e, sotto, un cacciatore a cavallo cerca di infilzarne un’altra accovacciata sotto un cespuglio.
Nell’ultimo quadro sono raffigurate la cattura dei cervi con una rete e la caccia al cinghiale che, dopo aver ferito ad una gamba un uomo (sdraiato a terra, sulla sinistra), viene attaccato dai compagni cacciatori che lo infilzano con una lancia.
L’Ambulacro della Grande Caccia è un enorme corridoio rettangolare lungo 60 metri e terminante con due esedre. E’ l’ambiente più suggestivo e monumentale. Sul pavimento, una incredibile scena di caccia grossa. Pantere, leoni, antilopi, cinghiali, struzzi, dromedari, elefanti, ippopotami, rinoceronti vengono catturati e messi in gabbia o legati per poi essere caricati sulle navi destinate a Roma, ove verranno utilizzati per gli spettacoli circensi. Ciò che rende straordinaria questa composizione è la varietà delle scene, il realismo con cui vengono descritte le lotte tra belve e tra animali ed uomini, il forte senso dell’azione e del
movimento, la ricchezza e l’attenzione nel raffigurare i particolari. Si noti ad esempio che gli animali che si trovano in acqua hanno le parti immerse (zampe) di colore differente rispetto al resto del corpo.
Oltre la metà si trova un gruppo di tre persone: al centro è probabilmente lo stesso imperatore, Massenzio, protetto dagli scudi di due soldati. Più avanti, un altro episodio mostra l’incredibile attenzione per il particolare: una tigre si avventa su una sfera di cristallo nella quale si vede riflessa l’immagine dell’animale. Di fianco, una scena curiosa e di controversa interpretazione ha per protagonista un grifone alato che tiene tra gli artigli una cassa di legno da cui fa capolino la testa di un ragazzo.
Nell’esedra di destra è raffigurata l’Africa, simboleggiata da una figura femminile che regge una zanna d’avorio, con un elefante, una tigre e, in alto sulla sinistra un’araba fenice, mitico uccello simbolo di immortalità che si toglie la vita gettandosi tra le fiamme per poi rinascere dalle ceneri.
Su questo lungo corridoio si aprivano, ad oriente, le sale destinate ai proprietari della villa con al centro una basilica per udienze e nicevimenti (per la descrizione di questi ambienti si veda più avanti).
Famosissima la sala delle ragazze in Bikini: Su due diversi registri sono rappresentate 10 ragazze il cui costume è sorprendentemente simile al nostro “due pezzi”, si tratta in realtà della biancheria intima, che veniva indossata anche per compiere esercizi ginnici. Il pezzo di sopra era chiamato fascia pectoralis, mentre la parte inferiore il subligatur. Le giovani donne sono intente a fare esercizi ginnici: utilizzo dei pesi, lancio del disco, corsa, giochi con la palla. Nel registro inferiore, la ragazza togata sta per incoronare (donando anche la palma della vittoria) una ragazza che ha compiuto esercizi con la ruota raggiata, fatta rotolare con l’ausilio di un bastoncino.
La sala destinata alla musica, chiamata Diaeta di Orfeo, presenta al centro la figura di Orfeo che, seduto su una roccia, suona la cetra ammaliando con la sua musica tutti gli animali che lo circondano. Nell’abside in fondo è conservata la statua di Apollo.
Il lato sud del complesso era la zona conviviale: un ampio atrio al centro, su cui si affacciano sei piccoli ambienti (tre su ogni lato lungo) ed il grande Triclinium Due delle tre stanze sul lato nord presentano scene legate alla vendemmia fatta da anonimi. Il Triclinium è una vastissima sala quadrata che si apre a esedre su tre lati. Nella zona centrale vi sono raffigurate le Dodici Fatiche d’Eracle Ne sono riconoscibili solo alcune. Sulla sinistra il toro di Minosse, il famoso e possente animale emerso dalle acque che Teseo si rifiutò di sacrificare e che viene catturato da Eracle. Di fianco si riconosce l’Idra di Lerna a cui l’eroe taglia le molte teste di cui una era immortale.
Qui in effetti il mostro è rappresentato con un corpo di serpente e la sola testa immortale.
L’Idra, sorella minore di Cerbero, era con lui custode degli inferi, che, nelle acque dolci e profonde presso Lerna, confinavano direttamente con Argo. In questa fatica, Eracle viene aiutato dal nipote ed amico Iolao, probabilmente rappresentato di fianco all’eroe nell’abside sinistra. In alto, al centro, si riconosce il grosso leone di Nemea, che rendeva insicura una zona montana. Dopo averlo scuoiato, l’eroe indossa la sua pelle e ricava un elmo dalla testa. In onore a ciò, Zeus, padre divino di Ercole, assume in cielo il leone che diviene il segno dello zodiaco.
Sulla destra si può vedere la cerva di Artemide, catturata dall’eroe sul monte Cerineo. A sinistra dell’animale si distingue Cerbero, il cane dalle molte teste preso da Eracle proprio sulla porta degli inferi.
Nell’abside di sinistra è rappresentata la glorificazione di Eracle, al centro, che tiene per mano l’amico Iolao, mentre Zeus gli pone una corona di alloro sul capo.
Nella fascia sottostante sono rappresentate le metamorfosi di Dafne in alloro (a sinistra) e di Ciparisso in cipresso.
Viene in questo modo ricordato il motivo dell’usanza di incoronare con l’alloro il capo di guerrieri valorosi, imperatori e poeti.
Apollo, innamorato di Dafne, la insegue fino a quando lei, sfinita, ottiene di essere trasformata nella pianta che da quel momento viene scelta da Apollo come simbolo di gloria. Abside centrale – Vi è raffigurata una gigantomachia: cinque gli enormi esseri colpiti dalle frecce di Eracle. A parte la figura centrale, gli altri hanno serpenti al posto delle gambe. Una delle fatiche vede l’eroe condurre in Grecia i buoi di Gerione. Il viaggio di ritorno è particolarmente denso di avvenimenti ed è proprio attraversando l’Italia che incontra i giganti, tra cui Alcioneo, e li combatte nei pressi dei Campi Flegrei (Napoli).
Nella fascia di raccordo sottostante Esione, figlia di Laomedonte, re di Troia. E’ minacciata da un mostro marino inviato da Poseidone, il dio infatti era stato ingannato da Laomedonte che, dopo essersi avvalso dell’aiuto del dio per edificare Troia, non tiene fede agli accordi e non gli da la ricompensa pattuita. E’ Eracle che arriverà in aiuto della fanciulla, uccidendo il mostro marino. Sulla destra è invece raffigurato Endimione, dallo sguardo sognante, mentre attende Selene, la luna, sua amante. Abside di destra – Illustra l’episodio di Ambrosia e Licurgo.
Sulla sinistra tre menadi attaccano Licurgo, re della Tracia che, dopo aver sorpreso nelle sue terre Dionisio (durante un baccanale), lo scaccia e uccide molte menadi e satiri. Tra queste, cerca di uccidere anche Ambrosia, che nella scena sta trasformandosi in vite. Alle spalle della menade si delineano le figure di Pan, Dionisio e Sileno.
Si costeggia il muro dell’acquedotto. Poco prima di una piccola latrina esagonale, delle scale sulla sinistra conducono in un altro ambiente. Diaeta di Arione – Era probabilmente adibita a sala della musica e della poesia e la decorazione musiva è in accordo con la funzione: si tratta del poeta e musico Arione, seduto sul dorso di un delfino in mezzo al mare con in mano la cetra e circondato da nereidi, tritoni e amorini che cavalcano fiere e draghi. Qui si ha un’ulteriore prova della precisione e minuzia con cui venivano eseguiti i mosaici: una nereide, sulla destra, tiene in mano uno specchio in cui riflette l’immagine del proprio volto.
L’atrio degli amorini pescatori – La decorazione musiva rappresenta belle scene di pesca che corrono lungo tutto il portico semicircolare.
l vestibolo del Piccolo Circo presenta una scena circense, con dei bambini per protagonisti. Intorno alla metae corrono delle bighe trainate da fenicotteri, oche bianche, trampolieri e colombacci. Ogni coppia di uccelli sembra inoltre simboleggiare una stagione richiamata da un collare fatto rispettivamente di rose (primavera), spighe (estate), grappoli d’uva (autunno) e foglie (inverno).
Il vestibolo di Eros e Pan ha al centro Pan, dio dei boschi, riconoscibile dalle corna e dalle zampe caprine, lotta contro Eros, dio dell’amore, Di fianco a Pan il giudice, coronato d’alloro. Alle spalle dei due contendenti, il pubblico: satiri e menadi (con il tirso in mano) per il dio dei boschi, la famiglia del padrone di casa per Eros. La lotta simboleggia la difficoltà per chi è brutto (Pan) di conquistare l’amore.
In secondo piano, su un tavolo, sono allineati quattro copricapi con diademi e rami di palma e, sotto, due sacchetti pieni di denaro, come indica la scritta; il cubicolo dei musici e degli attori era probabilmente la camera della figlia del proprietario. Nell’abside, due fanciulle intrecciano corone di fiori sedute ai piedi di un albero. La decorazione della stanza rettangolare, invece, è divisa in tre registri in cui sono raffigurati suonatori ed attori, i dischi del registro recano iscritte delle lettere che simboleggiano le note musicali.
Il cubicolo del fanciulli cacciatori era probabilmente la camera del figlio del padrone di casa. La decorazione musiva è divisa in due parti, a loro volta suddivise in tre registri. Nella parte alta alcune fanciulle raccolgono fiori, intrecciano ghirlande ed un ragazzo trasporta sulle spalle due canestri pieni di rose. Nella parte bassa sono invece raffigurate scene di caccia di fanciulli che uccidono una lepre, catturano un’anatra ed uccidono una piccola antilope.
Il cosiddetto vestibolo di Ulisse e Polifemo contiene la famosa scena dell’inganno di Ulisse che porge all’essere mostruoso la coppa di vino che lo farà addormentare. Alle spalle, i compagni dell’eroe riempiono un’altra coppa.
Infine il famoso
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cubiculo della scena erotica possiede un medaglione poligonale che racchiude entro una corona d’alloro, l’abbraccio tra un giovane ed una fanciulla priva di abiti,è una delle poche stanze che ancora conserva resti delle pitture parietali con figure danzanti.