Catania
Nome Abitanti: catanesi
Popolazione (2012): 293.902
CAP: 95121-95131
Provincia: Catania (CT)
Codice Istat: 087015
Codice Catastale: C351
Coordinate GPS (Lat Lng): 37.5080, 15.0828
Altitudine (m. s.l.m.): 48
Patrono: sant’Agata
Giorno festivo: 5 febbraio/td>
Fondata dai Calcidesi di Naxos nel 729 a.C., si sviluppò in luogo di un preesistente borgo siculo, ebbe la sua acropoli sul colle dove oggi sorgono la chiesa di S.Nicolò l’Arena e il monastero dei Benedettini. La città è fortemente caratterizzata dalla presenza dell’Etna, il maestoso vulcano che domina paesaggisticamente la piana, fonte di ricchezza e ancestrale paura. La presenza del vulcano ieri come oggi, porta alla città una particolare identità, fatta di lava che colora le facciate di un grigio intenso, che si alterna al bianco delle decorazioni barocche. Ma l’identità della città è dovuta anche al suo centenario confrontarsi con le spettacolari e pericolose eruzioni del vulcano, che ne hanno condizionato lo sviluppo urbanistico, l’altezza delle abitazioni, se non il carattere della sua gente, operosissima, come fosse abituata a fronteggiare un perenne stato di emergenza.
La prima violenta eruzione di cui sappiamo, è quella del 693 a.C. in cui l’antica Katane venne distrutta. Dal 476 a.C., fu occupata dal tiranno di Siracusa, Gerone, che deportò tutta la popolazione a Lentini sostituendola con coloni Dori a lui fedeli. A tale periodo è da ricondurre il cambiamento del nome della città in Aetna. Dopo poco tempo le popolazioni allontanate si riappropriano della città ridandole il nome originario e scacciando i coloni nella zona di Paternò. Intorno al 400 a.C. Dioniso mette a ferro e fuoco la città e la ripopola con mercenari campani.
Nel 369 a.C. la flotta cartaginese sconfigge quella campana e Catania cade in potere dei nord-africani fino a quando Timoleonte la libera dalla tirannia di Mamerco e le dà un governo popolare che nel 278 a.C. accoglierà trionfalmente Pirro, re dell’Epiro. Nel 263 a.C., ha inizio la dominazione romana, che segna il periodo di maggior espansione della città di Catania che divenne sede di molti ricchi patrizi. Le risorse agricole della zona della Piana vengono sfruttate meglio e si intensificano i commerci marittimi. Intorno al 30 a.C. l’imperatore Augusto, per dimostrare la sua riconoscenza alla città che lo aveva aiutato nella lotta contro Sesto Pompeo, fece ricostruire molti edifici distrutti ed edificare di nuovi agevolando un certo sviluppo urbanistico.
Di questo periodo di dominazione ci pervengono ancora oggi importanti edifici come: Il teatro, l’odeon, l’anfiteatro, il circo e molte terme pubbliche. Nel 535 Catania fu sotto la dominazione bizantina; i bizantini sfruttarono le fabbriche romane già esistenti e vengono costruiti nuovi edifici come la cappella del Salvatorello sotto il palazzo “Buonaiuto” e molte altre chiese nelle province di Catania. Nel 875 d.C. la presenza degli Arabi fornisce Catania di una vera e propria cultura agraria. Nel 1071 avrà inizio la dominazione Normanna, che lascerà segni tangibili del suo passaggio; Ruggero d’Altavilla dona la gestione del feudo all’ordine monastico dei benedettini che si occuparono della difesa del territorio fortificando la città e paesi che costeggiavano le pendici dell’Etna, con castelli che ancor oggi possiamo vedere nei paesi di Motta S. Anastasia, Paternò, Adrano, Randazzo, Maleto e Castiglione. Alcuni edifici religiosi da chiese divennero chiese-fortezze (come il duomo di Catania).
Con la fine della dinastia normanna e il matrimonio tra Costanza d’Altavilla ed Enrico VI la Sicilia passò alla dominazione sveva, che fu un periodo molto importante per la città grazie alla presenza della famiglia reale a Catania, la gestione venne sottratta ai benedettini passando direttamente nelle mani del sovrano Federico II che fece edificare il castello Ursino (1239). Grazie a ciò che resta del carteggio imperiale tra Federico II e Riccardo da Lentini, che sovrintendeva a quella vasta rete composta dalle fortezze siciliane, possiamo ricostruire le vicende relative la fondazione del castello. Alcuni studiosi, (come Bertoux o Agnello) hanno voluto accostare il castello Ursino per alcune analogie relative a particolari architettonici, al Maniace di Siracusa o al Castel del monte. S. Bottari riporta relativamente alla composizione planimetrica del castello, in un articolo apparso nella rivista “Sicilia” del Settembre del 1953, edita dall’Assessorato al turismo, che: “la larghezza del cortile è tre volte quella dei vani che lo fiancheggiano… In quello di Augusta l’ampiezza del cortile è cinque volte l’ampiezza dei grandi vani che lo fiancheggiano, mentre le campate dei vani sul fianco dell’ingresso e quelle dei vani che girano intorno al cortile sono un quarto delle campate degli ambienti maggiori “con ciò ritenendo che il modo uniforme con cui è applicato tale criterio non è casuale ma indice dell’uniforme applicazione di determinati principi tecnici che denotano che le opere sono dovute ad architetti formati ad un “medesimo orientamento di gusto”, specie se si considera che le analogie sono anche relative alle strutture ed agli elementi decorativi.
Gli anni che vanno dal 1268 al 1347 data della firma del trattato di pace fra Angioini e Aragonesi, sono segnati da scontri, guerre e tumulti popolari. Fra tutti ricordiamo la guerra del Vespro (1282) che si concluderà con la pace di Caltabellotta. Gli Aragonesi lasceranno come segno tangibile del loro passaggio la costruzione della campana del Duomo, l’istituzione a Catania della prima Università dell’isola, che anche se riservata alle famiglie più ricche, si rivelò importantissima per lo sviluppo culturale della città, dando inizio ad un lungo periodo di sviluppo sul piano artistico e culturale.
Nel 1669 l’eruzione dell’Etna distrusse interi centri abitati circondando la città fino al Castello Ursino di lava e aumentando la linea della costa di una cinquantina di metri, ma l’evento più devastante fu quello del terremoto del 1693 che giunse a radere al suolo la città e a far perdere la vita all’80% della popolazione, (oltre 18000 persone). Le operazioni di ricostruzione, furono effettuate sotto la supervisione dell’architetto Giuseppe Lanza duca di Calastra, che nel ricostruire la città tenne conto di innovativi parametri di sicurezza. L’architetto Giovan Battista Vaccarini introdusse nell’ambito di queste massicce opere di ricostruzione l’arte barocca che in quegli anni si manifestava a Roma e in Spagna curando però anche la conservazione della memoria storica della città con interventi che miravano ad includere, nelle nuove realizzazioni, elementi antichi. Nella facciata del Duomo (originario del1092) fece infatti inglobare alcune colonne riesumate nel teatro greco-romano. Del Duomo, Vaccarini realizza la vivace facciata, a due ordini di colonne e il prospetto del fianco sinistro, che include un bel portale del 1577. L’interno del Duomo è di aspetto grandioso; ha tre navate absidate divise da pilastri ed un transetto dove si trovano bifore ed altre colonne angolari relative alla costruzione medioevale, della quale sono pure visibili nel pavimento, tra le colonne all’inizio delle navate, alcune basi di colonne e tratti del pavimento. Altre importanti emergenze architettoniche della città sono:
– il Palazzo del municipio, opera del Vaccarini in Piazza Duomo e di fronte il Palazzo dei Chierici opera dell’architetto Alozo;
– la chiesa di S.Giuliano, sempre di G.B. Vaccarini, dalla facciata curvilinea e con l’interno a pianta centrale, spazioso e coperto da cupola; la chiesa di S. Benedetto (1704-1710), con un atrio scenografico e un ricco interno ornato di vivaci affreschi, opera di Giovanni Tuccari (1726);
– la chiesa dei Gesuiti, che presenta una facciata a colonne;
– Porta Uzeda costruita nel1695 in onore del viceré spagnolo Paceco de Uzeda porta d’accesso alla città; A Piazza Università;
– il Palazzo dell’Università che al suo interno presenta un bellissimo cortile e loggiato opera del Vaccarini;
– il Palazzo San Giuliano risalente al 1745 anch’esso ripreso dal Vaccarini;
– la Basilica Collegiata costruita nel 1768 ad opera dell’architetto S. Ittar.
Inoltre la Fontana dell’Amenano che risale al 1867 opera dello scultore Tito Angelini, (il gioco dell’acqua che si crea nella fontana con il tempo hanno fatto sì che i Catanesi la denominassero” la fontana dell’acqua a linzolu”); la fontana dei sette canali, ribattezzata dai Catanesi “fontana dei sette cannoli” e la famosissima fontana detta appunto dell’Elefante (1736) anche questa opera del Vaccarini, divenuta simbolo della città, costituita da un elefante in pietra lavica di probabile epoca romana sul cui dorso è poggiato un obelisco di origine egizia. Singolare la storia di questo particolarissimo elefante, comunemente detto Liotru dai Catanesi, che la tradizione vuole essere originariamente stato oggetto di culto. Precipitato dal suo altare ai primordi del Cristianesimo, venne portato fuori le mura, dove rimase per più secoli.
Chi tentò, invano, di conservare al vetusto idolo gli onori di un tempo, fu, nella seconda metà dell’VIII secolo, un famosissimo mago, Eliodoro, che con i suoi incantesimi secondo la leggenda, tramutava gli uomini in bestie e faceva apparire le cose lontane improvvisamente presenti. l’elefante che – sempre secondo la tradizione popolare – aveva servito ai prestigi del mago, quale portentosa cavalcatura per i suoi rapidissimi viaggi da Catania a Costantinopoli e viceversa, dopo essere stato lungamente dimenticato, venne ricondotto in città dai padri Benedettini del monastero di S. Agata e posto ad adornare un antico arco o porta, detta, appunto, “di Liodoro” da cui deriva il nome “Liotru”.