Messina
Nome Abitanti: messinesi
Popolazione (2012): 243.262
CAP: 98121-98168
Provincia: Messina (ME)
Codice Istat: 083048
Codice Catastale: F158
Coordinate GPS (Lat Lng): 38.1937, 15.5540
Altitudine (m. s.l.m.): 30
Patrono: Madonna della Lettera
Giorno festivo: 3 giugno
L’antica Zancle, distesa tra i Monti Peloritani e lo stretto, in una lingua di terra a forma di falce che delimita un ampio porto naturale, ha costituito per millenni il più sicuro approdo al centro del Mediterraneo, aperto a grandi rotte commerciali. Il porto di Messina già nel V secolo A.C. era infatti molto attivo. La storia culturale della Messina greca e romana sta oggi emergendo grazie ad alcune scoperte archeologiche, che hanno rivelato tracce dell’impianto ippodameo dell’abitato, anche se ben poco rimane del patrimonio monumentale e artistico distrutto dai ripetuti terremoti: il santuario di Nettuno, il faro con la statua gigantesca di Posidone, il teatro, il tempio di Eracle Manticlo sono infatti scomparsi lasciando poche tracce nelle collezioni del Museo Regionale.
La storia di questa città, d’origine greca, ha visto passare gli Arabi, gli Ebrei e gli Armeni. La città è come adagiata sul fronte digradante dei Peloritani… Per chi la osserva dal mare, non è difficile comprendere l’attuale struttura urbanistica. Le principali arterie sono la via Garibaldi, che si trova lungo la marina del porto, e la via I Settembre, che porta al centro della città, caratterizzato dalla Piazza Duomo. Altro centro nevralgico è piazza Unità d’Italia.
Il succedersi delle varie dominazioni ha determinato fasi di alterna importanza tra il porto ed il centro urbano. Con la dominazione bizantina la città vide rifiorire il suo porto, centro del traffico marittimo. I Normanni invece concentrarono i propri interessi amministrativi prevalentemente nella zona urbana mentre, gli Svevi, portarono una nuova organizzazione urbanistica alla città. La rivolta antispagnola del 1674/78 segnò una svolta in negativo, dando inizio ad un periodo di decadenza.
Un elemento da non trascurare poiché determinante nelle sorti della città, è la particolare sismicità cui è soggetta la zona di Messina. La città subì gravi danni in seguito alle scosse di terremoto del 1783, e, il devastante evento tellurico che la colpì nel 1908, rase quasi del tutto al suolo la città, che subì anche gli effetti del maremoto. Finì distrutta la splendida “Palazzata”, o Teatro marittimo, che costituiva il fronte a mare. Le perdite umane si aggirarono intorno alle 60.000 unità. Da una situazione che lasciava sperare ben poco la città comunque ne uscì grazie all’enorme forza di volontà dei suoi abitanti. La ricostruzione fu avviata rapidamente e, il nuovo aspetto urbanistico della città fu ideato da L. Borzì, che comunque salvò le preesistenze che ritenne possibile includere nel nuovo piano urbano.
Messina costituisce una meta turistica molto interessante per i suoi monumenti prestigiosi, per la bellezza dei suoi dintorni e perché no, anche per l’ottima cucina. Molto note ed amate sono le granite che è possibile gustare in uno dei tanti bar della città. Da vedere nei dintorni il “Pantano grande”, specchio d’acqua di circa trenta ettari e profondo 7 mt. collegato per un lato al mare da un canale artificiale. La località Torre faro e Capo Peloro. L’antico Santuario St. Maria di Mili, fondato da Ruggero nel 1090. Da Messina si può raggiungere in breve tempo anche il Santuario di Tindari, Taormina, Milazzo e Capo d’Orlando.
Il Ponte
Oggi Messina è più che mai famosa per il progetto del Ponte sullo stretto e le polemiche sorte circa l’opportunità o meno della sua costruzione, che di recente sembra avere subito una -definitiva?- battuta d’arresto (la spesa stimata in circa quattro milioni di Euro, non è stata considerata come prioritaria). La storia del progetto del ponte risale a circa 30 anni fa, quando nasceva la Legge, del Dicembre 1971, che autorizzava la realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia ed il Continente, mediante l’affidamento in concessione dello studio, della progettazione e della costruzione ad una società per azioni, costituita poi in data 11 Giugno 1981, denominata “Stretto di Messina S.p.a.”. Secondo il progetto più recente sarebbe dovuto trattare di un ponte sospeso a campata unica con luce di 3300 metri, a otto corsie stradali con due binari ferroviari.
Alcuni calcoli hanno accertato una capacità di resistenza sismica di 7,1 gradi Richter, e, per ciò che riguarda i venti, a delle velocità superiori a 216 Km/h. L’opera oggi si presenterebbe come una delle più ardite sotto il punto di vista costruttivo in relazione al fatto che lo stretto presenta caratteristiche particolari relative a quegli eventi idrodinamici che da sempre hanno alimentato le paure degli antichi naviganti e il fiorire di tante leggende.
Lo Stretto di Messina, l’antico Fretum Siculum ha la forma di un imbuto con l’estremità più stretta (circa 3 km fra capo Peloro in Sicilia e Torre Cavallo in Calabria) che si apre nel Tirreno e, con l’estremità più larga (16 Km tra capo d’Alì in Sicilia e punta Pellaro in Calabria), che si apre nello Ionio. Il fondo marino, digrada piuttosto gradualmente verso il Tirreno raggiungendo i 1000 metri soltanto nelle vicinanze delle isole Eolie, mentre è decisamente più ripido nello Ionio, dove supera presto gli 800 metri per arrivare ai 2000 metri al largo di Acireale. Lo Stretto fu originato da un processo di rottura iniziato circa 5 milioni di anni fa dovuto ad un abbassamento in opposizione all’innalzamento dell’arco appenninico calabro. La costa ionica a sud dello Stretto di Messina è una fascia rocciosa molto ristretta, che scende a strapiombo, fortemente influenzata dalle turbinose correnti che si originano sia a causa dell’opposto regime delle maree tra Ionio e Tirreno, sia dei movimenti di acqua imponenti che si alternano nelle due direzioni ogni 6 ore circa, in dipendenza delle fasi lunari.
La corrente principale detta ‘montante‘, che va da sud verso nord, è lenta, profonda e prolungata nel tempo, mentre la corrente ‘scendente‘, da nord a sud, è superficiale violenta e turbolenta con velocità che superano i 12-14 Km/h. Ogni corrente raggiunge il proprio massimo dopo 4 ore e poi diminuisce fino a mezz’ora prima che si stabilisca la corrente opposta. Questo periodo di mezz’ora è chiamato “ferma”. Ogni corrente nel suo movimento lungo il litorale forma la propria controcorrente. Le controcorrenti sono chiamate “bastardi” e vengono sfruttati dalle imbarcazioni per la navigazione. Nel punto in cui le due correnti si incontrano si generano gorghi e vortici detti “garofani”, dei quali i principali sono: quello chiamato Cariddi, che si forma con il montante davanti alla spiaggia del Faro e lo Scilla che si forma sulla costa calabrese da Alta Fiumara a Punto Pizzo. Cariddi è accompagnato talvolta da un rimescolarsi delle acque così violente da mettere in pericolo le piccole imbarcazioni.
Anche la questione relativa all’impatto ambientale è da valutare attentamente nella progettazione del ponte perché i fondali dello Stretto sono popolati dalle bellissime foreste di Laminarie ed ospitano biocenosi con caratteri molto particolari. I ristretti fondali a sud di Messina sono poi ricoperti da chiazze discontinue di Posidonia oceanica, localizzata sulle lenti sabbiose e su roccia. Il mare dello Stretto è anche ricchissimo di ‘plancton’ ed anche per questo preferito da branchi di pesci ogni tipo come i tonni, le costardelle, i delfini e specialmente il pesce spada, oggetto di una antichissima attività di pesca tradizionale.
Torre Faro
Torre Faro, -Capo Peloro-, ci ricorda la leggenda di Colapesce, che pare regga ancora sotto il mare quel lembo di Sicilia. Forse questa leggenda è nata dal senso di provvisorietà che da sempre deve avere suscitato negli abitanti questa parte di Sicilia, che mostra un lembo di sabbia come propaggine estrema di una Sicilia che si protende verso l’Italia. Non solida roccia a strapiombo sul mare, ma un semplice, piano, delicato lembo di spiaggia. Per forza occorre un Colapesce, leggendaria figura di pescatore che ebbe la sventura di voler prendere un tesoro sotto il mare per poi rimanere intrappolato là, a sostenere ciò che prima si reggeva grazie ad esile una colonna abbattuta da un terremoto.
Equilibri sottili, vulnerabilità, attenzione e dedizione…. Quante cose ci comunica questa antica leggenda che anche oggi si percepisce in fondo come qualcosa di attuale.
Torre Faro è una frazione di Massina, posta all’estrema punta nord-est della Sicilia. Corrispondente a capo Peloro, promontorio collinare che si interrompe ad un chilometro e mezzo dal mare, per dare inizio alla lunga spiaggia. Qui sorge il lido di Torre Faro e qui lo stretto di Messina e più stretto che mai. Solo 3,6 chilometri distanziano la Sicilia dalla Calabria. Siamo tra Scilla, mostro con due code di pesce e tre teste canine, e Cariddi, dove agiscono misteriosi gorghi chiamati refoli, generati dalle correnti dello stretto. Questo ha alimentato la leggenda di Cariddi, ninfa trasformata in mostro che ingoiava tutto ciò che passava dallo stretto.
Torre Faro il cui nome ha origine dall’antica presenza di un faro d’origine romana, fa amministrativamente parte del comune di Messina (VI circoscrizione) e conta attualmente circa 2500 residenti. Prese forma come aggregazione lineare di case di pescatori, per poi ampliarsi nel corso del XIX sec. Vi si trovano i laghi di Ganzirri e di Faro, stagni costieri salmastri, dove si pratica la molluschicoltura e dove stazionano gli uccelli migratori. Si tratta di un interessante sistema lagunare tutelato da vincolo paesaggistico.
Nel 1783 il terremoto fece diventare i laghi da salmastri a dolci, quindi si decise di aprire canali per collegare i laghi con il mare.
Si scoprirono durante i lavori i resti del tempio di Nettuno.
La zona è conosciuta anche per la presenza di un interessante elemento di archeologia industriale:il Pilone, un traliccio d’acciaio alto 232 m della linea elettrica ad alta tensione progettato e costruito tra il 1948 ed il 1955 al fine di collegare Calabria e Sicilia. Solo nel 1994 si è optato per la attivazione degli attuali cavi sottomarini. Il pilone resta tuttavia a memoria di un recente passato, quando un filo sottile univa la Sicilia con l’Italia.
Architettura
Messina sarebbe potuta essere ricchissima sotto il punto di vista architettonico, se non avesse dovuto subire nel 1908 gli esiti devastanti del terremoto. Tuttavia, ciò che rimane delle emergenze architettoniche della città è sufficiente a dare una idea del suo antico splendore… Un periodo di centrale importanza nella costruzione dell’immagine architettonica della città fu il 1500.
Nel corso del Cinquecento la città infatti si rinnova con l’apporto di architetti lombardi e toscani: Antonio Ferramolino da Bergamo ricostruisce le fortificazioni urbane, il Castellaccio, forte S.Salvatore e forte Gonzaga; Giovanni Angelo Montorsoli realizza le fontane di Orione e Nettuno e il faro del porto; Jacopo del Duca, allievo di Michelangelo, edifica la tribuna di S. Giovanni di Malta. Importanti realizzazioni, perlopiù perdute come la chiesa dell’Annunziata dei Teatini del Guarini. Nel corso del Seicento, spiccano invece il Monte di Pietà di Natale Masuccio e le Quattro Fontane disegnate da Giacomo Calcagni.
Testimonianze dell’architettura barocca, sono le chiese di S. Maria di Montevergine di Nicola Francesco Maffei, di S. Paolino degli Ortolani, dello Spirito Santo e di S. Elia, dalla statua dell’Immacolata di Giuseppe Buceti e dal palazzetto Calapaj D’Alcontres. Tra Seicento e Settecento si colloca la figura del noto architetto Filippo Juvarra, figlio dell’orafo Pietro Juvarra, già operoso a Messina con apparati festivi e interventi sulla monumentale chiesa, ormai distrutta, di S. Gregorio del Calamech.
L’ottocento ha lasciato testimonianze nel grandioso primo grande teatro lirico di Sicilia, il teatro neoclassico S. Elisabetta Vittorio Emanuele di Pietro Valente, nella chiesa di S. Maria del Buonviaggio, dalle raffinate forme neorinascimentali, nella accademica Fontana Nuova di Carlo Falconieri a piazza Basicò, nella neogotica villa Landi del Falconieri a Boccetta.
Tra le maggiori emergenze architettoniche della città spiccano inoltre: la Chiesa della Madonna della Grotta (seicentesca in scenografica posizione sullo Stretto, riedificata dopo il terremoto del 1908 secondo il disegno originale), il monastero benedettino di San Placido Clonerò, il monastero basiliano di Mili S.Pietro fatto costruire nel 1090 da Ruggero d’Altavilla e la Chiesa dell’Annunziata dei Catalani (di probabile origine araba-normanna, sorta sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Nettuno) con pianta basilicale a tre navate con grande santuario sopraelevato, a tre absidi sormontate da cupola emisferica, innalzata su disegno di Guarino Guarini.
Le fortezze costruite nel 1500 quando Messina aveva assunto una grande importanza strategica per la difesa dall’Europa dall’Impero Ottomano; una delle quali è il “Castel Gonzaga” posto in cima alla collina di Montepiselli dalla quale domina il centro della città con il porto e lo stretto. Alla progettazione della fortezza partecipo’ anche lo scienziato messinese Francesco Maurolico, matematico, naturalista, geografo e cartografo che si segnala come precursore di Copernico. Il Duomo come oggi si presenta, ha subito rifacimenti operati in seguito alla distruzione per il terremoto del 1908 che distrusse quasi totalmente la struttura; la ricostruzione avvenne solo nel 1923, per volere di Mons. Paino.
Il nuovo Duomo poté essere inaugurato nel 1929 con pianta basilicale a tre navate e con transetti a tre absidi.
Durante la seconda guerra mondiale subì ancora danni per un bombardamento aereo e venne riaperto al culto nel 1947. Malgrado tutte le distruzioni la cattedrale di Messina, rappresenta una delle più belle testimonianze dell’arte normanna in Sicilia. Presenta ancora le linee della originaria struttura medioevale: la facciata conserva la zona inferiore, a fasce di mosaici e rilievi, e tre portali sono gotici.
A sinistra della facciata si eleva il moderno Campanile a cuspide, dotato del famoso orologio. Originariamente alto 42 mt la sua costruzione risale all’epoca normanna ma dopo il terremoto del 1908 fu totalmente distrutto. Fu ricostruito dall’arch. Valenti con una base di mt. 9,60 e una altezza di 60 mt. Nel 1933 per volere di Mons. Paino arcivescovo di Messina, i fratelli Ungerer di Strasburgo vi inserirono un complicato orologio figurativo meccanico-astronomico considerato il più grande e il più bello del mondo, tanto da essere riprodotto in miniatura nel museo della tecnica di Berlino. I congegni che lo compongono danno vita a figurazioni scultoree in movimento simboleggianti eventi religiosi e storici di Messina. L’interno del Duomo è quasi completamente rifatto; è a tre navate su colonne monolitiche, che reggono archi ogivali, e con soffitto in legno dipinto su modelli medioevali.
Davanti al Duomo si trova la già citata Fontana di Orione, geniale opera del fiorentino G. A. Montorsoli realizzata tra il 1547 e il 1551 è considerata una tra le più belle fontane del ‘500 europeo; rappresenta Orione, mitico fondatore della città di Messina con il suo cane Sirio e i fiumi Nilo, Tevere, Ebro e il Camaro. Presso il Museo regionale di Messina si possono ammirare interessantissime opere fra le quali, quelle di Antonello da Messina, del Caravaggio, del Gagini e del Montorsoli. La fontana del Nettuno costruita nel 1557 dal Montorsoli, si trova infatti nel museo anche se una copia realizzata dal Zappalà e dal Subba si può ammirare nella via Garibaldi di fronte al palazzo del governo.
Le raccolte del museo sono costituite da opere provenienti sia dalle collezioni del distrutto Museo Civico Peloritano, sia dagli edifici religiosi e civili cancellati dal catastrofico sisma del 1908. I materiali, ordinati secondo un criterio cronologico che va dal XII al XVIII secolo, in un percorso di 12 sale più 3 ambienti al piano superiore, comprendono significativi frammenti architettonici, mosaici, pitture, sculture e arti decorative. Al piano superiore si trovano altri numerosi manufatti in oro e argento, in tessuto, in avorio, in maiolica, che documentano la vivace vena creativa degli orafi, degli argentieri e dell’artigianato locale del sei e settecento.