Manifestazioni di Pasqua in Sicilia
Rappresentazioni religiose che si colorano delle tinte del dramma. Forze del bene e del male che si oppongono e si scontrano tra un chiassoso frastuono fatto di grida e rumori. Simulacri, che sono opere d’arte che sfilano per le vie dei paesi in processione, orgogliosamente sostenute dalle spalle forti dei portatori… Figuranti esperti che rappresentano personaggi divini nelle Sacre rappresentazioni, e che mostrano un dolore sentito e partecipato dalle folle di devoti oranti. Donne ammantate di nero piangenti, uomini incappucciati, bimbi vestiti di angioletti candidi e canti e lamenti, di antica tradizione. Abiti preziosi da cerimonia sfoggiati per l’occasione e mense allestite con cibi che ricordano antichi riti propiziatori di abbondanza; usanze greche, bizantine, arabe e spagnole si fondono nel rappresentare la Pasqua in Sicilia. E non c’è località, grande o piccola, che a suo modo non vi partecipi.
Difficile operare una scelta, tra le varie manifestazioni che si rinnovano e che si conservano ogni anno nell’isola. Alcune hanno il sapore delle antiche feste legate al culto della terra, altre, appartengono alla gente di mare. Ovunque però, con sincera devozione si celebra il Cristo che risorge. In moltissime località della Sicilia sopravvivono complesse forme di religiosità popolare, che, nelle espressioni più esasperate ricordano antichi rituali di transito dalla fase di morte della natura a quella della sua rinascita, la primavera.
Tre sono i passaggi fondamentali delle ricorrenze pasquali: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Gesù Cristo. In Sicilia si esercita ancora l’usanza di portare a spalla le pesanti “vare” durante le processioni. Generalmente anzi questo ruolo viene conteso tra gli uomini del Paese che sono onorati di assolverlo e che hanno modo di partecipare, con la loro fatica, al dolore della Passione del Cristo. Quasi in tutte le Processioni che si svolgono invece il giorno di Pasqua, il lutto per la morte del Redentore si trasforma nella gioia per la sua rinascita che si ricollega con il risveglio della natura. Nelle varie manifestazioni, tale ciclo, è reso attraverso varie forme di drammatizzazione che si concludono spesso con l’incontro tra Maria con il Figlio risorto.
Maria si libera allora dall’abito nero del lutto svelando un abito bianco e azzurro che simboleggia la gioia; tale processione viene quasi ovunque denominata “’Ncontru” e alcune volte prevede l’introduzione di una terza figura, di un Angelo o di un Santo, che ha il compito di portare a Maria la lieta notizia della Resurrezione del figlio. Questo ‘Ncontru a volte viene ostacolato da figure che si oppongono e che rappresentano le forze del male. Naturalmente l’incontro riesce sempre a concludersi e si attua così la vittoria delle forze del bene. Il Cristo sconfigge così simbolicamente la morte e esplode la gioia dei devoti presenti.
La Domenica delle Palme, in cui si rievoca l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, inaugura quasi ovunque il ciclo delle manifestazioni pasquali. In genere è il sacerdote più giovane del paese a rappresentare il Salvatore, che sopra l’asino, tenendo in mano foglie d’ulivo e palme benedette, varca le vie del paese. Le palmette, artisticamente elaborate ed intrecciate a mano ed i rami d’ulivo augurali, una volta benedetti vengono portati in casa e posati sul capezzale del letto, in segno di fede e di augurio. L’usanza di intrecciare le palme è molto antica e reca con sé tutta una tradizione circa il modo di realizzare tali intrecci secondo determinate “Figure”. Le palme che oggi reperiamo in commercio, ripetono alcune di queste figure, ma per motivi di praticità esse sono proposte nelle forme più semplici.
Anticamente l’intreccio era operato dai cosiddetti “palmari” che si occupavano anche della scelta del tipo di foglie di palma più adatte all’esecuzione dell’intreccio-(generalmente si tratta delle foglie della Phoenix dactylifera). Le varie figure sono dette panareddi, trizza a spica, trizza a cannizzu, trizza a crocchiala o vureddu du lupu. Le palmette vengono poi decorate da nastri colorati ed immesse sul mercato alla libera offerta dei fedeli che desiderano possederne una da fare benedire. Altra tradizione è quella del numero di “Sepolcri” da visitare il Giovedì Santo.
L’usanza è che i fedeli si rechino in almeno tre parrocchie differenti o che comunque le visite siano svolte per un numero di volte dispari. I “sepolcri” sono gli altari della deposizione che vengono sempre allestiti all’interno delle chiese, col tabernacolo aperto e l’eucaristia esposta. Addobbi con pane, arance e fiori bianchi, a volte si possono ancora riscontrare in alcuni tradizionali allestimenti. In ogni caso non mancano mai le piantine con il frumento germinato al buio, retaggio delle antiche feste Adonie. Il venerdì, si svolgono le processioni relative alla Passione del Cristo e il Sabato santo a mezzanotte, inserita nel rito eucaristico, avviene la “Calata della Tela” che sancisce la Resurrezione. Il Giorno di Pasqua ovunque è festa, risuonano le campane e si svolgono tradizionali banchetti, canti e inni al Signore Risorto.
L’elenco di alcune tra le manifestazioni più interessanti, include quelle di:
Enna dove si svolge una processione con il tradizionale “incontro”;
Trapani dove si svolge la nota Processione dei Misteri il Venerdì Santo;
Caltanissetta, dove si svolge il rituale della “Real Maestranza”;
Modica, dove ha luogo la Processione della “Madonna Vasa-Vasa”;
Ribera, che celebra l’”incontro”;
Caltagirone con la celebrazione dell’Addolorata;
Adrano dove ha luogo “La diavolata”;
Palermo dove si svolgono alcune storiche processioni;
Piana degli Albanesi con il corteo dell’Eparca;
Prizzi dove ha luogo l’“Abballu di li diavoli”;
Terrasini con la “festa degli schietti”;
Comiso con la Processione della “Paci”;
Scicli, dove si svolge la processione dell’”Uomo vivo” o “ u Gioia”;
San Fratello con la festa dei Giudei;
Ispica che svolge la “Scinnuta ru Patri a Colonna” e “scinnuta ru Signuri”.
Ad Enna, si svolgono manifestazioni per tutta la Settimana Santa. I festeggiamenti iniziano la Domenica delle Palme con la distribuzione e la benedizione dei rametti d’ulivo e delle palme. La processione del mercoledì Santo vede la partecipazione delle confraternite, che portano a spalla i simulacri del Cristo e dell’Addolorata. Il giovedì santo i membri delle confraternite sono vestiti con un saio ed un cappuccio; alcuni di loro trasportano dei ceri e delle torce ed hanno il compito di accompagnare le due “vare” in processione fino a notte fonda; Il venerdì santo i confrati si ritrovano nel Duomo, dove sono riposti i due simulacri, per ripartire per una nuova processione che durerà fino a notte fonda, per poi rientrare nel Duomo. La domenica di Pasqua si ha l’incontro tra la Madonna ed il figlio risorto.
A Trapani la processione di ben venti gruppi statuari, detta dei “Misteri”, si svolge il Venerdì Santo. Il termine Misteri, che deriva dal termine Mestieri, ed è una Sacra rappresentazione, che si svolge come una processione figurata, cioè si effettua con statue. L’origine della processione dei Misteri si attesta al 1500, quando si ha testimonianza delle prime sacre rappresentazioni di episodi tratti dalla Passione e Morte di Cristo, le “Casazze”. Tali processioni attraversavano le strade principali dei paesi, con viva partecipazione da parte dei devoti. Nella II metà del 1500 la Chiesa cattolica dispose che gli attori venissero sostituiti da gruppi statuari. Nacquero così i primi Gruppi statuari, compongono la processione dei Misteri e che risalgono alla scuola artigiana trapanese del XVII secolo.
La composizione dei gruppi trae ispirazione dagli episodi dei Sacri Testi o dei Vangeli Apocrifi. La ricostruzione storica della rappresentazione dei Misteri, è ambientata nel medioevo e non durante l’occupazione romana della palestina infatti, si possono notare soldati dalla divisa spagnoleggiante o elmi con penacchi. I Sacri Gruppi subirono negli anni numerosi spostamenti, e, dagli inizi degli anni ’90 si trovano alla chiesa del Purgatorio. Ogni mistero è affidato ad una particolare maestranza di artigiani e lavoratori e sono: la Caduta al Cedron, Gesù dinanzi ad Hanna, la Flagellazione, l’Ecce homo, l’Ascesa al Calvario, Madre pietà dei Massari, Madre pietà del popolo e l’Addolorata.
La Processione conosce vari momenti, e hanno inizio il martedì con la processione della Madonna dei Massari – i portatori-, organizzata dai discendenti dei portatori delle masserizie e che viene condotta a spalla attraverso i quartieri marinari per essere poi deposta in una cappella, dove l’immagine dell’Addolorata è vegliata fino al giorno successivo dalle spose dei Massari. Il Mercoledì si ha la processione della Madonna della Pietà, la cui icona è racchiusa in una pesante cornice di gusto barocco la cui uscita è curata dal ceto dei fruttivendoli. Nel pomeriggio con analogo rituale avviene, nella cappella di piazza Lucatelli, l’incontro delle due Madonne e lo scambio dei ceri fra i consoli delle rispettive maestranze.
La notte tra il giovedì e il venerdì, nella chiesa del Purgatorio, si cominciano ad allestire i venti gruppi scultorei con addobbi floreali e con rivestimenti d’oro e d’argento cesellato del ‘600 e del ‘700. Il Venerdì Santo nel primo pomeriggio, si ha la processione con la partecipazione dei 18 gruppi lignei più l’urna del Cristo morto e dell’Addolorata. Alle ore 14,00 si ha l’apertura del portale della chiesa del Purgatorio ed un rullo di tamburi annuncia l’uscita dei Gruppi statuari, che vengono portati a spalla dai massari con passo ritmato. La processione termina la mattina del sabato dopo un corteo, che si è snodato lungo i rioni vecchi e nuovi con un andamento dondolante detto l’annacata tra gli incappucciati in fila. I misteri sono inoltre accompagnati da musiche tristi.
A Palermo nel periodo Pasquale, si svolgono alcune interessanti processioni, che si sono conservate nel tempo grazie alla presenza di antiche confraternite presenti presso alcuni storici quartieri della città. La confraternita del SS. Crocifisso alla Pinta si fa carico ancora oggi della organizzazione della Processione del SS. Crocifisso, che si svolge lungo i percorsi del quartiere dell’Albergheria. Il simulacro del Cristo, viene portato a spalla ed accompagnato dalla banda musicale e dalle voci dei confrati che invocano le grazie del loro “Patruzzu amurusu”. Un’altra storica processione si svolge anche grazie alla congregazione dei “cocchieri”, che ancora oggi sfilano portando i tradizionali costumi costituiti dalle settecentesche livree dei cocchieri e che conducono in processione il simulacro dell’Addolorata insieme all’urna del Cristo partendo dall’antica chiesa dell’Itria sita in via Alloro. Lungo la via dei cassari, alla Vucciria, i confrati della Madonna del Lume si fanno amorevolmente carico di portare in processione la “Madonna dei Casciari”, – statua settecentesca scolpita da G. Bagnasco.
Altro evento interessante è costituito dalla celebrazione delle spoglie del Cristo – Epitafios-, nella chiesa di St. Maria dell’Ammiraglio, nota come la “Martorana”, di rito greco-ortodosso. L’Epitafios viene fatto ruotare intorno al S. Sepolcro e, nella notte della Domenica, si svolge la funzione della Resurrezione, detta Cristos Anèsti. Inoltre, come non menzionare la suggestiva “calata ra tila” nella chiesa di San Domenico, che sancisce il momento della Resurrezione del Cristo, che viene svelato vincendo con questo gesto la morte, tra l’attento sguardo dei fedeli, che si concentrano in questa visione quasi a voler compartecipare del mistero dell’evento miracoloso della rinascita. Questo ultimo aspetto, quello della partecipazione e del sentimento che unisce i credenti al Cristo, nel momento della Passione come in quello della Resurrezione, è quello che maggiormente colpisce nell’ambio di tutte le varie manifestazioni che si svolgono a Palermo. Quando il Cristo soffre, il devoto partecipa della sua sofferenza con tutta la sua volontà, quando il Cristo risorge, il fedele sembra ritrovare quella pace, quella comunione con il mondo e con gli altri fratelli, che è il vero spirito della Pasqua. Conservare queste antiche tradizioni pertanto non è solamente un atto dovuto nei confronti della cultura, della religione, della storia o dell’identità di un popolo, come quello siciliano, ma anche e soprattutto un collettivo atto di volontà di pace nei confronti di tutta l’umanità, a prescindere da qualsiasi livello di appartenenza religiosa, etnica o culturale.
I riti di Piana degli Albanesi. Se si vuole essere testimoni dei riti di una Pasqua propria dell’etnia albanese, si può andare a Piana, presso Palermo, dove non mancheranno la benedizione di uova rosse, tradizionalmente distribuite alla folla di astanti, alle ore 13,00 il giorno di Pasqua. Qui, il programma degli appuntamenti relativi alle celebrazioni pasquali ha inizio con il venerdì precedente alla domenica delle Palme, quando hanno inizio i canti della resurrezione di Lazzaro, svolti per le vie del paese, guidati da un Papas. La resurrezione di Lazzaro assurge a asimbolo della resurrezione di tutti gli uomini. La domenica delle Palme si svolge la benedizione delle Palme e un solenne pontificale in rito greco-bizantino. Questo giorno ha luogo il corteo dell’eparca, che avvolto nel mandias percorre sopra un asinello, il corso principale simulando l’ingresso di Gesù a Gerusalemme.
Il giovedì ha luogo l’Ufficio della Passione – Akoluthia ton panteon, e soprattutto il rito della lavanda dei piedi. Il Venerdì l’Epitafios Thrinos e la processione per le vie del Paese. In questa occasione si levano i “lamenti”, canti funebri accompagnati dal suono di alcuni particolari strumenti di legno come il coke e la cikarra, dato che le campane in questa circostanza sono tenute ferme – “legate”. Il sabato è tradizione celebrare i battesimi, e le chiese vengono addobbate con foglie d’alloro. Alla mezzanotte, l’Orthos di Pasqua. Viene intonato il canto del Christos Anesti.La Domenica è anche il giorno in cui religione e folklore si uniscono per dar luogo ad una spettacolare sfilata di donne in costume tradizionale e alle esibzioni del gruppo folkloristico, e alle 13 si distribuiscono le uova rosse, simbolo di rinascita, tinte di un rosso che rievoca il colore del sangue della Passione del Cristo, che hanno una funzione protettiva.
A Prizzi la domenica di Pasqua, si svolge una originalissima rappresentazione folkloristica a sfondo religioso denominata “ballo dei diavoli”. Essa affronta il tema della morte rappresentata dalle forze del male, che, ostacolando l’incontro del Cristo con la Madre, tendono ad impedire il mistero divino della stessa Resurrezione del Cristo che sconfigge la morte. Questa manifestazione è dunque dotata di una forte carica simbolica che si ricollega ad antiche pratiche d’origine pagana.
In questo giorno, all’alba, gli abitanti vengono svegliati dal bussare alle loro porte da gruppi di ragazzi travestiti occasionalmente da “diavoli” che attraversano la città con l’intento di ricevere da coloro che incontrano, piccole offerte o anche uova fresche o dolci a titolo di obolo. Altro compito è condurre dei prigionieri in una comune osteria a loro vengono offerti, sempre previo pagamento di un obolo, alcuni “cannateddi”, tipici dolci di Pasqua con un uovo sodo al centro. Un gruppo di “diavoli” viene poi proposto dal comitato organizzatore; si tratta in questo caso di figuranti vestiti con un abito di tela rosso che sul viso portano una maschera sormontata da due corna e da una pelle di caprone che copre anche le spalle. A maschera, di ferro, ha una fenditura per bocca e un aspetto terrificante.
La manifestazione religiosa connessa prevede la processione della Maria Addolorata e il tradizionale incontro con il Cristo risorto. Le due statue iniziano ad avvicinarsi ma vengono ostacolati da tre diavoli che, con le loro danze e scuotendo le armi ai piedi delle statue, compiono l’azione di disturbo finalizzata ad evitare per tre volte l’incontro insieme ad un altro figurante (vestito di giallo ocra e con la maschera di cuoio che rappresenta la morte). Infine i diavoli resteranno incastrati senza via di fuga tra le due statue, e verranno simbolicamente trafitti dalle spade dei due angeli, che scortano la Madonna nel corteo, consentendo l’atteso incontro.. Il momento dell’incontro sempre rappresentato attraverso situazioni canoniche: le statue si dispongono una di fronte all’altra, sotto si svolge il “ballo dei diavoli” da cui tutta la manifestazione prende il nome. Il rituale si conclude con la Madre che riconosce il Figlio e si libera del manto nero del lutto. Anche sui Nebrodi a San Fratello, si svolge la scorribanda dei «Giudei», uomini in costume con il volto celato da una maschera che hanno il ruolo di disturbare i riti pasquali suonando sgraziatamente trombe e campanacci. Anche qui si svolge la processione delle «varette», ognuna delle quali rappresenta un momento della Passione, e l’incontro, fra Cristo risorto e la Madonna.
La “festa degli schetti” di Terrasini, bellissima località di mare presso Palermo, prevede che alcuni giovani del paese nel giorno di Pasqua sollevino un albero addobbato con fiocchi colorati e lo pertino per le vie principali del paese fino al balcone della donna amata, perché lei possa staccarne un ramo e accettare d’essere sposa. Questa festa rimanda alla fertilità della donna e quindi anche propiziatoria di prosperità.
A Caltanissetta, il mercoledì Santo, si svolge il rituale denominato della Real Maestranza e la processione delle varicedde –così soprannominate perché riproducenti, in misura più piccole le “Vare” del Giovedì Santo-. I “maestri d’arte” vestono abiti da cerimonia (che consistono in abiti neri) e, le dieci Corporazioni (di scalpellini e marmisti, muratori, falegnami, carpentieri, calzolai, fabbri, panificatori, pittori, ecc), abiti scuri e i vessilli listati a lutto. In Corteo, vanno a prendere il Capitano, che contende per quel giorno al Sindaco il potere di Comando della Comunità, presso la sua abitazione – abbigliato con una marsina settecentesca, la feluca con piuma nera ed una coccarda tricolore -. I Maestri, muovono dal Collegio dei Gesuiti verso la Cattedrale. Il Capitano, porta in processione un Crocifisso ricoperto da un velo nero e il suo passaggio è scandito da marce funebri. Il Capitano, leva poi le calze ed i guanti neri per indossarne degli altri bianchi, mentre le bandiere delle Corporazioni, si liberano da segni luttuosi. Poi al suono di marce gioiose, il corteo riprende la via verso il Collegio dei Gesuiti. Nel pomeriggio il carattere prevalentemente laico del cerimoniale confluisce nel sentimento religioso della Processione delle “varicedde”, – piccoli gruppi di gesso e cartapesta che sfilano sul percorso delle “Vare”-, lungo il tragitto che il giorno dopo seguirà la processione del Giovedì Santo. Sulle varicedde stanno delle statuette realizzate in carta pesta dell’altezza di 50 cm, raffiguranti i principali misteri della Passione e Morte di Gesù Cristo.
La processione del giovedì santo, nel 1882, rivisse nell’intera bellezza per opera dei minatori della Miniera Gessolungo che fecero realizzare un nuovo gruppo, (presso la Miniera di Gessolungo, in un incendio all’interno erano morti ben otto minatori per cui, in quella occasione gli zolfatai della Miniera fecero voto di impegnarsi ad organizzare in modo più solenne la processione dei Misteri per la celebrazione della Pasqua). Nell’ultimo periodo infine fu affidato l’incarico di approntare 16 nuovi gruppi in sostituzione dei precedenti a due scultori napoletani allora celebri: Francesco e Vincenzo Biancardi che lavorarono dal 1883 sino al 1902. Nel 1973, lo scultore Emma di San Cataldo con la realizzazione della “Vara dell’Addolorata”, completa il lavoro del 1896 dei Biancardi.
A San Fratello, sui Nebrodi, il Mercoledì, Giovedì e Venerdì Santo ogni anno, si svolge la una festa che richiama per certi versi quella dei diavoli di Prizzi per spettacolarità e singolarità… è la festa dei Giudei rappresentati da alcuni giovani in costume con il volto celato che hanno il ruolo di disturbare i riti pasquali suonando trombe e campanacci. I costumi dei “giudei” hanno colori sgargianti. Il rosso per i pantaloni, presentano ricami e e che scende fino a terra come una lunga coda ed è sormontato da un copricapo a forma di elmo romano con un pennacchio. In mano recano una tromba per suonare e catene per rumoreggiare che si tengono al polso della mano sinistra. Il costume si arricchito del tempo di nuovi apporti e le cui origini si sono ormai perse nel tempo. San Fratello, vanta origini medievali, la sua fondazione risale infatti all’anno 1000 d.C. Anche questa rappresentazione, come le altre che si svolgono nel corso della settimana santa in Sicilia, trae spunto da manifestazioni d’origine medievale ma soprattutto nasce dal desiderio di rivivere le scene dell’antico Testamento da parte di un popolo di devoti che vuole sinceramente immedesimarsi nei momenti più intensi della Passione del Cristo.
La festa dei Giudei pertanto, pur presentano spunti di particolare chiassosa spettacolarità, non tradisce mai la sua essenza di vera religiosità cristiana e non si lascia andare a pura rappresentazione e gioco. I giudei prima dell’alba sono annunciati da squilli di tromba. Le trombe si moltiplicano successivamente in un crescendo rumoroso, che diviene una sorta di artefatta confusione che si protrae per tre giorni. Tutto fino alla notte del venerdì santo. Si simula quello stupido atteggiamento di scherno e di “divertimento” attribuito ai giudei che accompagnavano il Cristo al Golgota. Il passaggio del Cristo viene accompagnato oltre che dalla partecipazione del pubblico, anche da suoni balli canti e esibizioni varie da parte dei giudei, dei quali si vuole sottolineare infatti la stolta e crudele mentalità. Il Venerdì è il momento della solennità. Si svolge la preocessione delle «varette», ognuna delle quali rappresenta un momento della Passione, e l’incontro, fra Cristo risorto e la Madonna, anche qui, in sottofondo si svolge una azione di disturbodei Giudei che cessa la notte del Venerdì.
A Ribera, il giorno di Pasqua ha luogo la manifestazione dell’“incontro” tra Cristo risorto, la Madonna con la partecipazione dell’Arcangelo Michele cui è affidato il compito di annunziare la Resurrezione del Cristo alla Madre. La statua del Cristo è addobbata con fiori e fave verdi nastri colorati, e la Madonna indossa un abito celeste sotto quello nero del lutto. L’incontro L’incontro tra Madre e Figlio avviene a mezzogiorno; la Madonna come avviene in altre analoghe manifestazioni si libera del manto del lutto, lasciando alla vista il sottostante manto azzurro. L’arcangelo, che le aveva portato la lieta novella alla Madonna, si allontana.
A Caltagirone, nota località siciliana inserita tra il patrimonio UNESCO, si svolge nella domenica di Passione, la festa dell’Addolorata con l’intonazione del “Diu Vi Salvi o Regina”. Nella chiesa del Convento dei Cappuccini, -nel rione Cappuccini – permane l’usanza di adorare la statua dell’Addolorata ed il Cristo morto, rappresentati da un antico gruppo statuario. Sempre a Caltagirone inoltre ha luogo la “Via Crucis” del venerdì Santo organizzata dalla parrocchia Maria SS. del Monte; Nella chiesa di S.Bonaventura, si attua invece la caratteristica ” calata ra tila” che consiste nello svelare abbassando lentamente una tela, l’immagine del Crocifisso (un’opera di Frà Umile da Petralia).
Il Giovedì Santo si dedica alla visita ai “Sepolcri” adorni delle tipiche piantine di frumento germinate al buio. Il Venerdì Santo, dalla Cattedrale al tramonto prende avvio la processione alla presenza delle confraternite di arti e mestieri del clero e dalle autorità locali. Il “Cataletto” del Cristo morto, (scultura lignea di G. Vaccaro) e la statua della Vergine addolorata in gramaglie vengono portate a spalla, per i tradizionali percorsi in salita di via S. Bonaventura e di via S. Stefano e nelle discese di via S. Gregorio e di via Moschitta, accompagnati dalle note dello “Stabat mater” e del “Diu Vi salvi o Regina”. I confrati portano per l’occasione un copricapo di velluto nero ed una simbolica corona di spine. Il pomeriggio della Domenica si svolge anche a Caltagirone il tradizionale incontro tra la Vergine Maria e il Figlio Risorto qui chiamata “Giunta”. Il corteo vede però anche la partecipazione della figura di S. Pietro, in cartone pressato, e vuota dentro per permettere la “portata” a solo tre portatori. Il ruolo di s. Pietro è quello di dare, alla vista del Cristo risorto, la notizia dell’evento miracoloso alla Madonna; il cosiddetto “nuncio”. Successivamente Maria alla vista del Risorto circondato da due custodi del sepolcro, chiamati “Cicchittu” e “Nancittu”, lascia il manto nero del lutto e svela il sottostante abito bianco e azzurro in segno rinnovata gioia. Come se il cielo cupo di nubi dell’inverno abbia ceduto il posto ad un azzurro cielo primaverile. Alla fine della manifestazione viene sottolineato anche il momento del distacco, detto “spartinza”, che generalmente avviene in Piazza Marconi.
Anche ad Adrano, la Domenica di Pasqua, nei pressi della piazza principale presso il Castello, si effettua una particolare manifestazione d’origine medievale denominata “La diavolata”. Ancora una volta il bene e il male si pongono in una contesa che viene vinta dal bene. Per l’occasione si allestisce un palco destinato ad ospitare cinque “diavoli”, naturalmente abbigliati con un costume rosso, escono da una botola con fumo e fiammate. La Morte – indossa un abito raffigurante uno scheletro mentre un bambino si presta a rappresentare l’angelo. L’evento propone una riflessione che si compie sul bene e sul male e si concluderà solo quando l’Angelo avrà convinto i diavoli ad accettare di dire “Viva Maria”.
A Modica, il giorno di Pasqua si svolge la Processione della Madonna “Vasa-Vasa” che risale al 1600 e che viene così denominata dai locali, per via del bacio che la Madonna si scambia con il Cristo al momento dell’incontro. Anche a Modica, località nota per il barocco, il simulacro della Madonna in lutto, viene portato in processione per la via principale della città; Il bacio avviene nella piazza S. Domenico, vicino il Palazzo di città. Dopo l’incontro con la statua del Cristo, anche qui, come nelle manifestazioni analoghe che si svolgono in altri Comuni della Sicilia, la Madonna si libera nel momento dell’incontro del manto nero del lutto e si libera un volo di colombe.
Paci di Comiso. Attraverso l’incontro la Madonna raccoglie insieme al Figlio tutta l’Umanità in un simbolico abbraccio, che riporta la pace dopo i rigori invernali nel liberarsi dell’abito scuro del lutto, svelando il sottostante manto azzurro, come un cielo primaverile. E proprio “’a paci” si chiama a Comiso il rituale incontro tra il Cristo e la Madonna, la Domenica di Pasqua. La processione prevede la presenza del simulacro del Cristo Risorto e quello della Madonna Annunziata, ai cui piedi stanno bambini vestiti di angioletti che intonano l’Alleluia ad ogi pace. Il rito della Pace, la prima delle quali ha luogo davanti alla Basilica, si ripete infatti dinnanzi ad ogni chiesa da cui si passa. Consiste nel fare avvicinare, fin quasi a toccarsi, il Cristo e la Madonna spingendoli velocemente l’uno contro l’altro. La pace che si svolgerà a sera nella Piazza principale del paese, siglerà l’evento conclusivo di tuta la manifestazione e, tra i consueti fuochi d’artificio, i due simulacri faranno ritorno nella Basilica.
Ad Ispica, si svolgono due diverse processioni: una il Giovedì e una il Venerdì ad opera di due -potremmo definire- diverse “fazioni”. Si tratta dei Cavari e dei Nunziatari rispettivamente appartenenti a diverse congregazioni, la prima della Arciconfraternita di S. M. Maggiore, l’altra dei confrati dell’Annunziata. Tutto ha inizio nella notte del Giovedì Santo, quando parte la via Crucis dalla chiesa di St. Maria della Cava, dove all’alzarsi della Croce ci si dirige lentamente verso la Chiesa di S. Maria Maggiore; qui ha inizio a “scinnuta ru Patri a Colonna”che consiste nel prelevare il simulacro del Cristo dalla nicchia ove è riposto, tra le grida dei “cavari”, che, vorrebbero cosìimporre una supremazia del Cristo alla colonna rispetto a quello del Cristo della Croce che sarà portato in processione il venerdì dagli antagonisti nunziatari. Il Venerdì infatti, si svolge nella Chiesa dell’annunziata la “scinnuta ru Signori” (gruppo ligneo settecentesco con il Cristo e due Giudei), che consiste questa volta nel prelevare il simulacro del “Cristo con la Croce” accompagnato dalle grida dei nunziatari. La particolarità di queste due manifestazioni sta, oltre che in questa palesata rivalità tra i due gruppi, anche nel fatto che si ripete in entrambe le manifetsaziono, il rituale dei “giri” dentro la Chiesa. Avviene cioè che dopo la processione, prima di essere riposti, i due simulacri appartenenti a cavari e nunziatari, compiono all’interno delle rispettive chiese, alcuni ripetuti giri. Sembra che questa usanza derivi da una circostanza verificatasi in seguito ad un divieto del 1877 che imponeva la soppressione delle celebrazioni, che vennero svolte a furor di popolo, compiendo un percorso processionale, e quindi numerosi giri, all’interno delle chiese stesse.
L’Uomo Vivo di Scicli: Altra singolare manifestazione ha luogo a Scicli dove si svolge la Domenica di Pasqua la Processione dell’”Uomo vivo” cioè del Cristo risorto detto anche “u Gioia”. La manifestazione si svolge in tre tempi: di mattina dalla Chiesa di St. M. La Nova ha inizio la processione del “Venerabile” – il SS. Sacramento-, e il sacerdote, preceduto da un tradizionale stinnardu – stendardo con drappo di seta-, con l’Ostensorio in mano procede per le vie della cittadina. Successivamente riposto il SS. Sacramento nella Chiesa viene prelevato il simulacro del Gesù risorto, e portato in Processione. Questa volta, il sacerdote non seguendo un percorso prestabilito, può decidere di passare secondo un itinerario improvvisato. Al passaggio dell’Uomo vivo ogni anno si perpetua la tradizione di sollevare i bimbi a ricevere la benedizione, questa usanza ha il nome di “crescila, crescila”. Dopo la Processione l’Uomo vivo non ritorna subito nella chiesa di St Maria la Nova ma viene condotto nella chiesa del Carmine per una sosta di alcune ore. Successivamente il Risorto viene condotto ancora in Processione e, a tarda sera, per fare poi ritorno nella chiesa di St. Maria la nova.