Il MAXXI di Roma
Finalmente, dopo un periodo di circa 11 anni, il MaXXI, il cui nome rimanda a: Museo delle Arti del XXI secolo, è offerto al giudizio del pubblico. Errato sarebbe però dire opera conclusa, non solo perché la concezione stessa dell’edificio è quella di essere flessibile agli spazi e ai tempi, ma anche perché il progetto iniziale, era ancora più ambizioso e prevedeva la costruzione di ulteriori spazi. Non è quindi escluso che in futuro non si possa procedere ad ulteriori ampliamenti.
L’edificio, si presenta con una serie di volumi che si intersecano sinuosi e liberi, enfatizzati dalla purezza dei materiali cari al panorama architettonico contemporaneo: il calcestruzzo, l’acciaio e il vetro.
Di un’epoca come la nostra, di transizione tra il passato ed il futuro, ancorata al mantenimento di antiche tradizioni che diventano memoria sulla quale costruire ed al contempo protesa verso nuove forme evolutive, l’architettura del Maxxi di Roma è quasi una metafora. La stessa Hadid, progettista dell’opera, ha dichiarato che la progettazione del MAXXI è giunta “a cavallo di un periodo di lavoro e l’altro, dall’astrattismo allo studio di spazi fluidi”.
COME NASCE L’OPERA
Il concorso internazionale aveva dettato precise regole cui attenersi: integrare il progetto al luogo,(il complesso delle officine e dei padiglioni militari della ex caserma Montello, nel quartiere Flaminio, a Roma), e conservare l’edificio prospiciente la via Guido Reni considerando in particolare la continuità nella circolazione e nei percorsi.
L’opera di Hadid a suo modo rispose a tali requisiti rimandando con i suoi livelli alle stratificazioni della città di Roma, e comprendendo i volumi appartenenti alla ex caserma come parte integrante del museo. Inoltre il progetto si caratterizzò sin da subito, per la ricerca di un costante di rapporto con gli spazi esterni. Nel 1999 il progetto è dichiarato vincitore.. Un progetto quindi non chiuso, ma aperto. E per di più aperto non solo fisicamente agli spazi limitrofi, ma funzionalmente alle proposte provenienti dall’esterno, (come le collezioni che si incrementano o l’interazione con i visitatori), in una sorta di continuo ridisegnarsi, che segna appunto il passaggio dall’architettura tradizionale dei musei a quella contemporanea dei “fluidi”. In tale ottica rientra anche la particolare attenzione dedicata alla luce, che diventa un elemento quasi strutturale dell’edificio. La stessa architetto Hadid ha dichiarato di avere concepito l’edificio come “lavoro stratificato e illuminato da luce naturale”. L’attenzione all’elemento luce si concretizza anche attraverso sofisticati congegni tecnologici che garantiscono il continuo monitoraggio delle condizioni ambientali: quindi non solo la luce, ma anche il contenimento del calore da irraggiamento solare, viene filtrato dal complesso sistema di copertura composto da una doppia vetrata e dal frangisole.
COME SI STRUTTURA
Il complesso copre uno spazio di ben 27.000 m.q. dove trovano collocazione oltre ai percorsi e agli spazi espositivi, una biblioteca e una mediateca, un auditorium, un bookshop e un ristorante. Vi è inoltre una galleria per le esposizioni temporanee che può anche accogliere delle performance e una piazza capace di ospitare eventi dal vivo. Il museo quindi è strutturato più come un innovativo laboratorio di ricerca che come un contenitore, per favorire uno degli scopi essenziali del suo ruolo: il diretto confronto delle culture e dei vari linguaggi dell’arte.
La concezione è per tale ragione straordinaria. Non si tratta di un museo che solamente celebra le opere dell’arte contemporanea, ma di un museo che contribuisce a creare la stessa storia del contemporaneo, incentivando e valorizzandone la creatività. Ha inoltre finalmente messo insieme l’Arte, l’Architettura con la sua principale modalità di comunicazione e interpretazione: la Fotografia. Si struttura in due istituzioni, una Maxxi Arte e una Maxxi Architettura, che comprende al suo interno una particolare attenzione alla fotografia contemporanea. La fotografia inoltre, è stata concepita come uno strumento di indagine in itinere, ed è stato affidato ad alcuni fotografi il compito di seguire passo dopo passo la crescita dell’opera architettonica, dando ad essi massima libertà di interpretazione. Le foto realizzate sono così diventate un’opera nell’opera, favorendo una consapevole rilettura in corso d’opera ai progettisti .
Il museo, che enfatizza il percorso più della sosta aderendo così più di ogni altro allo spirito del contemporaneo, propone i significati dalla visione delle sequenze e non del singolo fotogramma del reale. Tutto ciò però non sminuisce la ricerca sull’uomo e sul suo pensiero, valorizzando gli aspetti intimi e filosofici delle opere d’arte, selezionate con una particolare attenzione agli aspetti psicologici dell’uomo contemporaneo.
COSA CONTIENE
Il museo conta oggi circa 350 opere d’arte di artisti contemporanei, fra i quali Merz, Boetti, Worhol e Richter. La sezione di Architettura contiene un archivio di progetti sia “storici” che contemporanei giungendo attualmente a circa 75000 documenti. Jodice, Basilico e Guidi sono invece alcuni nomi per la fotografia. Vi sono poi le mostre, che attualmente presentano artisti come G. De Dominicis, che con il suo “Calamita cosmica”, enorme scheletro umano in vetroresina, polistirolo e ferro, ci spinge a riflettere sull’eterno dilemma della vita e della morte di cui l’arte, spesso, è diretta proiezione.