Francesco Lojacono
(Palermo, 16 maggio 1838 – Palermo, 28 febbraio 1915)
Definito “il ladro del Sole” per quel suo modo unico di catturarne la luce e infonderla nelle sue opere, Francesco Lojacono (1838-1915), è avviato all’attività artistica da suo padre Luigi, anche lui pittore. Erede della tradizione del paesaggio, Lojacono si troverà successivamente a Napoli a partire dal 1856. A Napoli, attingerà all’esperienza di alcuni pittori viaggiatori stranieri ma soprattutto entrerà a far parte della scuola dei fratelli Palizzi. Alcuni interessanti stimoli proverranno inoltre dai due soggiorni fiorentini che lo metteranno in contatto con le esperienze pittoriche dei Macchiaioli. Personalità attiva e versatile, nel 1860 Francesco figura tra i garibaldini.
Curioso ed attento alle novità del suo tempo, si interessò anche alla fotografia. Molte saranno le frequentazioni o i contatti con note personalità del suo tempo; Lojacono fu da loro molto stimato …Basti dire che a Gabriele D’Annunzio, si devono pagine molto intense scritte su di lui. Nel 1862 l’artista, ormai affermato, ritorna in Sicilia (mantenendo però la docenza onoraria acquisita presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli). Numerosi i rapporti inoltre con una nota committenza aristocratica (L’arrivo inatteso viene scelto a Roma nel 1883 dalla Regina Margherita per il Palazzo del Quirinale mentre Dopo la pioggia fu eseguita nel 1886 per la principessa Giulia Lanza di Trabia). Intorno al 1870 espone con successo a Vienna con La valle dell’Oreto, ed a Parigi. Nel 1874 espone anche a Bordeaux. Partecipa anche alla Esposizione Nazionale di Palermo del 1891 dove presenta L’estate o Sulla via di Romagnolo (poi acquistato dal re Umberto I). Fin dal 1895, il pittore partecipa alla Biennale di Venezia. Molta della sua ultima produzione è confluita nella collezione Sinatra -Museo Civico di Agrigento.
Ciò che è interessante valutare, è il modo in cui LoJacono affronta la rappresentazione del paesaggio. Non vi è infatti solamente un desiderio di rappresentazione del reale, tipico dell’epoca, quel “perfetto equilibrio tra visione realistica e sentimento lirico della natura”, ma bensì un utilizzo sapientissimo della luce che sembra pervadere la superficie dei suoi quadri “da dentro”. Lui sostanzialmente fotografa una atmosfera, un fremito di vento che scuote un ulivo, o che si muove sulla superficie del mare. Il senso della luce lo ha appreso in Sicilia.
Un importante aspetto della pittura di Lojacono è il poter ritrovare luoghi e paesaggi siciliani, molti dei quali oggi riconosciamo essere mutati nelle forme, ma che riconosciamo proprio attraverso le pitture di LoJacono, grazie suo modo di restituirne la luce. Le atmosfere cromatiche, infatti, sono le stesse. Ancora oggi la luce determina su quelle superfici giochi di ombre e chiaroscuri descritti dal pittore. Egli ci ha tramandato attraverso l’uso sapiente della pittura qualcosa che nemmeno una fotografia avrebbe potuto restituirci: l’anima dei luoghi.