Fernando Botero
(Medellín, 19 aprile 1932)
Botero nasce a Medellín, nelle Ande colombiane nel 19 aprile 1932. Giovanissimo si trasferisce a Bogotá ed entra in contatto con lo scrittore amico di García Lorca, Jorge Zalamea. Subisce l’influenza della scuola muralista messicana e in particolare di Josè Clemente Orozco. Nascono i primi grandi acquerelli. Un primo riconoscimento lo ottiene con l’opera Sulla costa che si aggiudica il secondo premio al IX Salone degli artisti colombiani a Bogotá. Successivamente si iscrive all’Accademia San Fernando di Madrid ed entra in contatto con le opere di Goya esposte al Prado. In quel periodo Botero realizza copie di famosi quadri del Prado. Trasferitosi a Parigi, va ad abitare nella splendida Place des Vosges, e qui ha modo di trascorrere molto del suo tempo in contatto con le opere del Louvre. Nei primi anni ’50 la sua iscrizione all’Accademia di San Marco di Firenze lo porta a conoscere meglio il Rinascimento italiano. Qui abita in un luogo molto denso di ispirazione artistica… il suo studio è infatti quello che in passato era di G. Fattori. Inoltre ha anche modo di apprezzare da vicino opere di grandi autori Italiani come Giotto e Piero della Francesca. Nel 1956 si reca a Città del Messico, e qui comincia a maturare il suo particolarissimo stile sintetizzando tutti gli stimoli raccolti fin ora.
Nel 1957 la sua prima personale si svolge a Washington negli Stati Uniti. Successivamente fino al 1960, sarà professore all’Accademia d’arte di Bogotá. Vince il primo premio all’XI salone colombiano con l’opera “La camera degli sposi” (libera interpretazione dei famosi affreschi di Mantenga). Nei primi anni ’60 si trasferisce a New York dove affitta un studio nella 14a Strada. In questo periodo, probabilmente influenzato dalle opere di Rubens utilizza colori tenui e delicati ed emerge il caratteristico stile plastico di Botero. Nel 1966 a Baden-Baden -Germania, si svolge una grande personale dell’artista che comincerà a diventare noto ad un grande pubblico. Negli anni ’70 subisce il fascino dell’arte di Dürer che gli fornisce l’ispirazione per alcuni disegni a carboncino di grandi dimensioni: i Dureroboteros. Dagli anni 70 la sua attività si svolgerà tra Parigi e Bogotá. Comincia ad occuparsi di scultura.
Dopo la tragica morte in un incidente stradale di suo figlio di soli 4 anni realizza molte opere dedicate a lui – al Museo di Antioquia, vengono esposte sedici opere donate dall’artista nella sala dedicata al figlio Pedro-. Successivamente diverrà prevalente dedicarsi alla scultura, esegue i famosi grandi torsi, giganteschi animali e le sue sculture vengono presentate per la prima volta a Parigi. Negli anni ’80 importanti mostre itineranti vengono realizzate in musei degli Stati Uniti e del Giappone. Nel 1983 il Metropolitan Museum acquista “Danza in Colombia” e Botero per lavorare alle sue sculture si trasferisce in Toscana, a Pietrasanta, famosa per le sue cave di marmo. Nel 1984 dona alcune sculture al Museo di Antioquia a Medellín. Da questo periodo in poi si intensificano gli eventi espositivi: nel 1986 a Caracas, Brema e Francoforte, nel 1991/92 Kunsthaus di Vienna, alla Brusberg Galerie di Berlino, al Forte di Belvedere a Firenze, e le sue sculture giganti compaiono sugli Champs- Elysées di Parigi. Anche a Roma nel Palazzo delle Esposizioni, ha luogo la grande retrospettiva di opere dal 1949. Nel 1993 una mostra itinerante è presente ad Avignone e nel 1994 una grande esposizione di sculture monumentali ha luogo negli spazi pubblici delle principali città europee. Nel 2005 è la volta della mostra a Palazzo Venezia, a Roma.
Svoltasi dal 17 Giugno al 23 Settembre la mostra ha dato modo a molti di ammirare direttamente i suoi personaggi fatti di grandi volumi privi di ombre, dipinti con colori tenui dove uomini e paesaggi che appaiono in contesti apparentemente irreali assumono nel dettaglio la massima definizione. Botero ha presentato in questa occasione alcuni nuovi dipinti che hanno tratto ispirazione dalla violenza del carcere iracheno di Abu Ghraib. In questa occasione abbiamo visto un Botero inedito, che, abbandonando il suo tradizionale distacco emotivo e mettendo da parte le rappresentazioni che spesso richiamano, attraverso la prosperità delle forme, ad un mondo roseo come l’incarnato dei suoi personaggi, ha dato vita ad immagini di corpi straziati dalla violenza. Queste immagini hanno colpito molto per questo stridente contrasto, ed è stato un vero e proprio pugno allo stomaco vedere quei corpi floridi e tondi in un contesto di violenza, sangue ed orrore. Come se quell’inconscia tensione che da dentro riempie le figure di Botero fosse questa volta uscita fuori, come una angoscia per una realtà che la sensibilità dell’artista, ha saputo cogliere e tradurre in arte.
Forse per la prima volta i personaggi boterani provano sentimenti e quello sguardo, che da sempre i suoi prototipi rivolgono nel vuoto, Botero questa volta lo ha voluto celare, con benda sugli occhi. Immaginiamo sia uno sguardo di terrore.