Il Movimento Moderno
Dopo la I guerra nascono, anche successivamente alla spinta ricevuta nel mondo dell’arte da Cubismo, dei movimenti che si propongono il superamento della classificazione delle arti. Ozenfant elabora i principi del “purismo” e nel 1918 insieme a Jeanneret (Le Corbusier) pubblica il manifesto dal titolo: “Après le cubisme”, in cui si promuovono forme semplici e pure come sorgente primaria di tutte le sensazioni estetiche. Nel 1919 Ozenfant e Le Corbusier fondano il movimento purista, che sarà diffuso attraverso la rivista L’esprit nouveau. Il purismo stabilisce l’uso di forme semplici e l’armonia dei processi dell’arte con quelli della natura. Con “Movimento Moderno” si vuole generalmente indicare un complesso svilupparsi di fenomeni architettonici ed evoluzioni teoriche che ebbero luogo tra le due guerre mondiali.
– La personalità di Le Corbusier sarà determinante per il Movimento Moderno anche se, pur concorrendo allo sviluppo di tale movimento, il personale percorso di questo architetto assumerà via via connotazioni anche diverse. Bisogna infatti considerare che l’attività di questo geniale protagonista dell’architettura moderna si svolgerà da prima degli anni 1920 agli anni 1965. Un periodo di 50 anni, che sarà denso di cambiamenti tecnologici, sociali, politici e culturali. Il pensiero di Le Corbusier nascerà come frutto del suo tempo, si evolverà e si maturerà insieme ai cambiamenti operati dagli eventi. Egli penserà all’architettura come ad uno strumento capace di migliorare la condizione umana attraverso una razionale e funzionale organizzazione degli spazi, definirà tecnica e arte come due caratteri paralleli, non in antitesi.
I cinque punti di una nuova architettura di Le Corbusier: pilotis, tetti giardino, pianta libera, finestra a nastro, facciata libera, sono stati pensati già prima del 1926, data in cui furono pubblicati in un documento a firma di Le Corbusier con P.Jeanneret. Questi 5 punti, sono stati oggetto di critiche, accusati di portare avanti un eccessivo schematismo. Anche oggi, leggendone semplicemente le descrizioni avvertiamo l’eccessiva tendenza a semplificare, all’interno di codici anche troppo rigidi, una materia che per sua esigenza deve rifiutare le schematizzazioni. Ma occorre pensare al periodo in cui emersero, e all’enorme carica rivoluzionaria che detenevano in sé, in quel determinato periodo storico.
A questo proposito è molto interessante l’affermazione fatta da Benevolo circa i 5 punti per capirne il senso reale: “Se questi standard siano convincenti o no, lo dirà l’esperienza futura. Resta il fatto che gli architetti riconoscono che esiste un campo autonomo e limitato, entro cui si devono fare scelte precise. Solo così la nuova architettura trova la sua corretta collocazione culturale: il suo compito non è di dar fondo all’universo, ma di compiere una delle azioni concrete (…) necessarie all’organizzazione della società moderna” e poi” lo schematismo si evita non rinunciando agli standard, ma impegnandosi a farli evolvere continuamente come fa Le Corbusier nei quarant’anni successivi“.
Nel 1927 L. C. realizza un’opera che è un manifesto. Villa Stein a Garches. Utilizza l’intonaco bianco per le parti murarie. Gli infissi sono metallici e di colore nero. La geometria della forma viene così esaltata al massimo. Le proporzioni si ricollegano al calcolo della sezione aurea e dentro un reticolo di pilastri distribuiti con regolarità, la pianta e i prospetti sono elaborati liberamente. La villa poi è posta in rapporto con il parco che ha intorno attraverso un articolazione delle sue parti. Nel 1929 è la volta di “Villa Savoye” a Poissy, vicino Parigi. Quella casa che a detta del suo autore doveva posarsi nell’erba “come un oggetto, senza guastare nulla” sarà poi destinata a divenire una delle icone dell’architettura moderna. Sorge su un vasto prato, circondato da boschi. Il fatto che sia sorta in un luogo praticamente privo di qualsiasi riferimento ad elementi particolari del contesto ha probabilmente favorito la sua composizione come concretizzazione di una idea astratta. L’oggetto architettonico si posa così nel luogo, senza modificarlo, anzi, è come sollevato da terra tramite i suoi pilotis; i prospetti sono uguali e rivolti ai quattro punti cardinali; una rampa a dolce pendenza (la nota “passeggiata architettonica”) ne collega i livelli, suggerendone la continuità spaziale.
Il Razionalismo, termine che è servito a differenziare le esperienze di alcuni personaggi del Bauhaus, di Le Corbusier e di Mies van der Rohe, da quelle di tendenza “organica”, fu un nuovo modo di progettare che vedeva nell’architettura e nell’urbanistica il mezzo per potere agire a favore di un progresso anche sociale. Sostanzialmente mira a risolvere la forma ad una ricercata essenzialità nella quale si trovi spazio solo per un linguaggio astratto, purificato aderente alla nuova civiltà tecnologica. Si propone una vera e propria riforma dell’edilizia che d’ora in poi si vuole maggiormente basata sulla standardizzazione e sulla industrializzazione degli elementi.
Indicativa a tal proposito l’attività del CIAM – il Congres Internationaux d’Architecture Moderne- nato per iniziativa di Le Corbusier, Gropius, Berlage ed Oud. Si voleva dare un assetto unitario ad esperienze architettoniche che avevano molte affinità sia sotto il punto di vista tecnico che formale, e a quelle che volevano vedere anche un ruolo sociale nell’architettura. Durante il primo incontro dei componenti del CIAM, si discusse di sei punti: 1- la tecnica moderna con le sue conseguenze; 2 -la standardizzazione degli elementi; 3 – l’economia; 4 – l’urbanistica; 5- il ruolo educativo delle nuove generazioni; infine 6- il rapporto Stato-architettura. Il quarto congresso del CIAM, svoltosi ad Atene nel 1933, portò successivamente alla redazione della nota Carta di Atene del 1941. In essa troviamo i canoni per la costruzione di una città funzionale attraverso una rigida divisione delle sue aree funzionali attraverso cinture verdi ed in cui si proponeva una edilizia residenziale in tipi unici ripetuti, che si concretizzava nella edificazione di edifici alti e distanti tra loro. Tale Carta costituì il riferimento per le progettazioni di carattere urbanistico per molto tempo.
Nel 1946 Le Corbusier riceve da ministero l’incarico di realizzare delle Unité d’Habitation a Marsiglia. L’edificio viene realizzato nel 1952. Successivamente vennero realizzate altre Unité, una a Nantes, una a Berlino, una a Firminy e una a Briey-en-foret. Nel 1954 a Ronchamp Le Corbusier realizza una delle sue opere più emblematiche: La Cappella di Notre Dame du Haut, dove fa dell’edificio “un nucleo plastico e compatto, pieno di forza espansiva compressa” – (G. C. Argan in “L’Arte moderna” – Sansoni).
Quando venne incaricato di progettare la nuova capitale dello stato federale indiano del Punjab, Chandigarh, per 500.000 abitanti, L. C. considerò la storia locale di quel paese, non in uno sterile rifarsi ai locali metodi costruttivi, ma guardando a quei riferimenti storici e simbolici, -come le corna lunate che è il simbolo della vacca sacra indiana- che ne identificassero una specifica essenza. Gli edifici costruiti furono il Campidoglio, il Palazzo di giustizia, il Segretariato e il Palazzo del parlamento. La disposizione degli edifici segue un tracciato regolare, che parte dalle pendici dell’Himalaia ed è diviso in sette grandi strade che dividono tutti i comparti urbani, per una superficie complessiva di circa 100 ettari.
Afferma Benevolo: “Il grande merito di Le Corbusier è stato quello di impegnare il suo incomparabile talento sul terreno della ragione e della comunicazione generale. Egli non si è mai contentato che le sue invenzioni fossero interessanti e suggestive, ma utili e applicabili universalmente, e non ha voluto imporre, ma dimostrare le sue tesi”.
– L’architettura moderna troverà uno dei suoi esponenti più rappresentativi in Frank Lloyd Wright (1867-1959), che elabora i suoi primi progetti legati all’Ecole de Beaux Arts e, successivamente, a Chicago lavora presso Sullivan. Inizia il suo studio sull’organicismo in linea con la tendenza che vede l’architettura parte della società che si trasforma insieme al territorio e alla natura. Egli crea edifici concepiti come organismi, che presentano un nucleo centrale che ha delle direttrici di sviluppo nello spazio. Non vi sono, degli schemi rigidamente stabiliti e sarà Wright stesso a definire organica l’architettura da lui espressa. Gli edifici da lui progettati denotano un nuovo tipo di interazione tra interno ed esterno, facendo uso di muri continui che unificano lo spazio. In una continua ricerca di pluridirezionalità, (che si concreta nel disegno negli incroci di assi, negli spazi interni collegati, senza divisioni, pareti o porte) e con una costante attenzione ai materiali, (privilegiando sempre quelli naturali, legati al luogo), Wright si porrà come una delle figure più interessanti dell’architettura contemporanea. Nel ciclo denominato delle “Prairie Houses” (fino al 1910) sperimenterà la sua spazialità, fluida e organicamente distribuita. Alcuni studiosi attribuirebbero degli influssi del movimento europeo sulla sua personale espressione architettonica, ma, come afferma Benevolo in “Storia dell’architettura moderna”: “Se Wright ha accolto alcuni suggerimenti europei, li ha subito profondamente alterati e li ha fatti diventare elementi di una personalissima visione“. Nel 1936 realizza la casa sulla cascata a Bear Run in Pennsylvania. Questa opera architettonica, diverrà oltre che la sua opera più nota, anche una sorta di icona dell’architettura contemporanea. Qui architettura e natura sembrano collaborare e completarsi vicendevolmente. Gli elementi in orizzontale, stanze e terrazze, e quelli in verticale non costituiscono mai un blocco chiuso. Predominante l’utilizzo dei materiali come la pietra ed il legno che trovano spazio all’interno e all’esterno della costruzione. La casa sulla cascata sembra appropriarsi del linguaggio della natura del luogo in cui sorge, della geometria casualmente espressa dalla roccia sottostante, che sembra appositamente essere stata posta lì per fungere da base, estetica e funzionale, alla casa. L’immagine più diffusa dell’opera architettonica, presenta il fronte proteso verso la cascata. Tale immagine naturalmente sottolinea e diffonde l’aspetto più audace dell’intera struttura, che appare quasi sospesa, e dunque non gravare sulla propaggine naturale. Una prima osservazione da fare è che oggi, davanti alla rinnovata coscienza e sensibilità verso l’integrità della natura, una simile opera non si sarebbe mai potuta realizzare…. La prima opposizione avrebbe riguardato la condizione di impatto ambientale in un contesto naturale di singolare bellezza, prima ancora di osservare i disegni progettuali. Ma per la casa sulla cascata l’impatto con la incontaminata bellezza dell’ambiente lo si è tradizionalmente acquisito come un dato positivo: questo perché l’opera è riconosciuta all’unanimità come un capolavoro dell’architettura contemporanea, ma soprattutto perché è nata in un periodo in cui ancora il fenomeno della speculazione edilizia e degli abusi operati in contesti naturali di particolare rarità e bellezza, non erano ancora tanto diffusi. A tal punto la casa sulla cascata assume un duplice valore agli occhi dell’osservatore contemporaneo: quello del suo indiscutibile pregio come opera in sé e quello della sua particolare unicità, dovuta anche alla quasi impossibilità di ritrovare le condizioni favorevoli alla riproposizione di opere simili ad essa. Ritornando all’esperienza architettonica di Wright, essa è da considerarsi autenticamente autonoma come espressione artistica, anche se, ovviamente si muove parallelamente al movimento moderno e ne assorbe i contenuti essenziali. Nel 1926 Wright realizza il Museo Guggenheim a New York. E’ il trionfo del suo pensiero architettonico. La spirale non avvolge solamente lo spazio interno dell’edificio, ma crea un campo di forza, in cui è coinvolto l’osservatore esterno e medesimamente quello interno, in un gioco di spazi fin ora inedito.
– Chi non conosce il famoso motto di Mies van der Rohe, “less is more”, il meno è il più? Questa frase, sintetizza la poetica espressa da questo protagonista dell’architettura contemporanea. Si disse fosse capace di ridurre all’essenziale qualsiasi problema di ordine tecnico e compositivo. mantenendo invariate le cose che non aveva motivo di cambiare. Riguardo il senso del Less is more, è interessante citare l’affermazione di Leonardo Benevolo nella sua nota “Storia dell’architettura Moderna”: “Era capace di ridurre ogni problema ai minimi termini, all’essenziale, rinunciando a quel di più che gli architetti hanno messo sempre negli edifici e che serve a distinguere le loro decisioni da quelle dei committenti, dei costruttori, dei clienti”. E poi: “Le sue opere, non complicano ma riducono gli organismi edilizi alla forma più elementare. Per ogni tema egli stabilisce un “meno” di organizzazione spaziale, che rende possibile un “più” di controllo della forma e della distribuzione“. Pur essendo esponente del razionalismo in Germania, “all’opposto di Gropius non si pone problemi sociali e non ha interessi urbanistici diretti. I suoi grattacieli saranno i primi elementi della città futura, fatta di enormi prismi trasparenti con grandi vuoti tra gli uni e gli altri (…) non ammette che due assi strutturali, il verticale e l’orizzontale, ed una sola entità formale, il piano” – Argan,. L’oggetto architettonico maggiormente indagato fu il grattacielo isolato o all’interno di un complesso. Nel 1929 realizza per l’Esposizione internazionale di Barcellona, un suo capolavoro indiscusso: il padiglione della Germania. Nella sua linearità ed assoluta eleganza, questo padiglione è diventato una delle pietre miliari dell’architettura moderna. Non sembra esservi soluzione di continuità tra interno ed esterno. Tutta la costruzione è pervasa da un senso di fluida spazialità. Il Seagram Building, del 1958, di New York, risulta valorizzato dall’arretramento rispetto al filo stradale, soluzione che lascia libera una buona parte di area circostante. Questo anche se nella zona -Park Avenue- dove si eleva il costo del terreno è elevatissimo. A livello di immagine questo fattore “spreco” esalta maggiormente il senso di lusso che nell’insieme il grattacielo suggerisce. Il Curtain Wall (cioè la facciata fatta in pannelli leggeri), è stato realizzato in bronzo e in vero atermico brunito. Questi dettagli cromatici fanno sì che non si distingua la differenza tra la gabbia e la superficie vetrata, conferendo una maggiore sensazione di uniformità visiva. L’utilizzo di particolari cromatici che donano opacità e monocromia ai grattacieli, serviva ad esaltarne il volume. Le pannellature in marmo lucidato e il vetro roseo completano l’opera. sotto il punto di vista degli impianti è perfetto e anche la volumetria è molto costosa da realizzare. Ma Mies riesce a servirsi della disponibilità economica per realizzare un prodotto perfetto, una sorta di prototipo da poter realizzare anche in altre occasioni. Complessivamente restituisce una immagine di grande eleganza e raffinatezza suggerita anche dai materiali usati.
Afferma C. G. Argan: “nonostante la sua grandezza il Seagram è un edificio a misura umana, solo che la unità di misura non è come per Le Corbusier il corpo umano, ma la capacità di raziocinio, di calcolo, la riduzione all’unità della mente umana”. Per concludere queste poche note su Mies, mi piace ricordare quello che ha scritto Benevolo in “Storia dell’architettura Moderna” perché ne offre una descrizione umana che vale più di tante parole per comprendere la personalità di questo grande protagonista dell’architettura:
“Mies era in apparenza il più soddisfatto e viziato dei grandi personaggi dell’architettura: tutte le sue proposte teoriche sono state tradotte in pratica e rese perfette in una serie di esperienze successive…..non ha ingrandito il suo studio professionale, ma ha collaborato con alcuni dei più grossi studi tecnici americani, presentandosi come intermediario e arbitro nei difficili rapporti tra questi, i committenti e gli esecutori. Così non ha rinunciato alla sua libertà personale e ha potuto concentrarsi sulle scelte essenziali, risolutive“. Segno che quel suo motto, less is more, egli ha saputo tradurre in un suo stile di vita.