Coop Himmelb(l)au: la sostanza dei sogni
Ci sono progettisti che hanno sognato un tempo in cui le loro utopie si sarebbero potute realizzare, grazie magari a delle innovazioni tecnologiche che avrebbero permesso alle loro architetture di essere realizzate davvero, leggere e colorate come un cielo blu. Progettisti come i Coop Himmelb(l)au, e cioè Wolf D. Prix ed Helmut Swiczinsky, che già nel 1968 avevano scelto per il loro studio un nome legato proprio al cielo, e profetizzato un’architettura ora possibile. Così Coop Himmleb(l)au, nome che letteralmente significa cielo blu (da blau=blu e himmel=cielo), si ricollega ad una filosofia del costruire delle architetture che siano caratterizzate proprio da quella particolare leggerezza e fantasiosità delle forme, dei colori e dei materiali, che fino a qualche decennio fa era solo un sogno.
Molti si chiedono perché la lettera “l” sia fra parentesi… ebbene, il termine “bau” in tedesco significa edificio. In questo modo il nome può essere letto sia come cooperativa del cielo blu ma anche come dell’edificio cielo, quasi a dire che l’edificio può liberarsi dalle rigide costrizioni tipologiche per appropriarsi di nuove concezioni dello spazio e quindi di innovative concezioni tipologiche. Si cerca di generare in questo modo un ritmo dinamico ma anche fluido, che si avvicina al movimento privo di salti caratteristico delle nuvole.
Ma andiamo ai due protagonisti. Helmut Swiczinsky nato nel 1944, a Poznan, in Polonia nel 1973 diventa Visiting Professor all’Architectural Association di Londra. Wolf D. Prix, nato a Vienna nel 1942, viene nominato “Professor of the Architectural Association” di Londra nel 1984. Nel 1982, lo studio vince il Berlin Prize for Building Art. Tra il 1983 e il 1989 lo studio progetta la ristrutturazione di un attico in Falkestrasse a Vienna, uno studio di avvocati che diventa l’opera più nota di Coop Himmelb(l)au. La copertura in ferro e vetro sembra quasi voler cadere e soprattutto rompe con l’edificio sul quale insiste in modo totale, molto coraggioso, e soprattutto adorabilmente oltraggioso. Tale progettazione verrà poi a far parte della mostra Deconstructivist Architecture, organizzata nel 1988 al MoMA di New York, insieme alle opere di Tschumi, Libeskind, Koolhaas, Eisenman, Zaha Hadid e Gehry.
Nel 1996, lo studio partecipa alla Biennale di Venezia, e nel 1988 viene aperto un secondo studio a Los Angeles, in California. Del 1999 è l’Architectural Prize. Nel 2000 viene aperto il terzo studio a Guadalajara, in Messico. Nel 1993 i Coop Himmelb(l)au progettano l’UFA Cinema Palace, di Dresda, un edificio particolarissimo, che sancisce ancora una volta l’autorevolezza del loro genio creativo.
Fra i progetti più recenti di Coop Himmelb(l)au spiccano il Musée de Confluences, a Lione; l’House of Music, ad Aarlborg; l’European Central Bank, di Francoforte; l’Akron Art Museum, Ohio, US l’Akron Art Museum nell’Ohio, USA, e infine l’Academy of Fine Arts e la BMW Welt a Monaco.
Il Museé des Confluences, un Museo della scienza, è stato progettato nel punto in cui confluiscono la Rhône e la Saône, al confine con un’area industriale oggetto di un intervento di riqualificazione, ed è a detta degli stesso Coop il “luogo in cui convergono due correnti; la sua architettura è caratterizzata dalla fusione di due entità cui viene conferita una identità urbana con un valore locale e regionale, che contribuisce a rendere riconoscibile la città di Lione nei confini della Francia”. Una “nuvola cristallina della conoscenza”, che entra a far parte di tutta quella filosofia architettonica dell’Architettura delle nuvole
che oggi utilizza la trasparenza del vetro come una metafora di possibilità nella conoscenza.
Un grande spazio situato al di sotto dell’edificio è un pretesto per l’esperienza dello spazio che vuole fare esercitare la percezione dei fruitori e spingerli alla conoscenza delle continue evoluzioni della tecnica e della biologia, che è il fine dell’esperienza museale.
Le parole di Prix: “L’architettura è adesso”, sembrano un monito per tutti coloro i quali si fermano a troppo a pensare, prima di progettare e lasciare libero sfogo al sentimento nell’architettura.