Alberto Campo Baeza: l’architettura dell’essenzialità
Ad Alberto Campo Baeza, non piace essere definito un Architetto minimalista. Afferma invece di cercare l’essenzialità.
L’essenzialità nelle forme non deve però intendersi solo come un richiamo alla semplicità ma bensì come un approccio autentico alla necessità di inserire, all’interno del processo progettuale, determinate componenti senza le quali niente, nemmeno le forme, potrebbero emergere.
Così, elementi considerati essenziali, quali la luce, diventano nelle opere di Campo Baeza, materiale di progettazione, ingredienti indispensabili per la stessa ideazione delle forme.
Le opere del noto architetto spagnolo, sospese tra antichi ricordi… Le Corbusier e Mies van der Rohe, e suggestioni contemporanee, Tadao Ando, assumono così un carattere di pregnante solennità, paragonabile all’austerità delle rovine dell’antica Roma.
Sostiene Baeza, che la fondamentale qualità di un’opera è quella di poter essere compresa da tutti. La ricerca dell’essenzialità allora diventa lo strumento utile per potere giungere alla comunicazione. “L’uomo al centro di tutte le questioni”, questo desidera ottenere l’architetto con il suo personale modo di operare. Le sue costruzioni non si staccano mai infatti, da quello che deve essere considerato in architettura: l’approccio giusto alla funzione, l’attenzione al contesto, l’amore per la composizione.
Tuttavia tali componenti non potrebbero mai, senza l’“idea”, giungere all’architettura. L’idea si sostanzia infatti anche di una volontà, quella di portare al centro le esigenze dell’uomo e la specificità del suo essere in relazione alla sua cultura. Solo così l’architettura, può contemporaneamente rispondere alle esigenze funzionali e dar luogo a profonde emozioni attraverso la luce, l’ordine, la proporzione.
La critica ha visto le costruzioni di Campo Baeza come una interpretazione in chiave critica del razionalismo del ‘900. Le ha annoverate tra le opere appartenenti al minimalismo formale anche in virtù del motto adoperato dall’architetto (More with less, il più con il meno) che si ricollega parafrasandolo al più noto motto di Mies (il meno è più) e che vuole affermare una ricerca di una massima semplicità e riduzione dei mezzi linguistici impiegati, per ottenere quella complessità che pone appunto al centro l’uomo e la sua cultura. È a queste ipotesi che Campo Baeza lavora nel corso degli anni: dalle prime progettazioni che danno luogo alle note abitazioni monocromatiche, passa alla successiva fase che vede le sue opere arricchirsi di nuovi materiali. Questi materiali sono scelti di volta in volta, non vi sono scelte che si pongono a priori.
In questo sta anche il fascino di un modo di operare, che pur avendo principi da seguire non è vincolato da fattori prestabiliti. Le architetture di Baeza che chiamano a gran voce il silenzio, la purezza e l’eleganza, son capaci di evocare il gusto della libertà.
Afferma di avere appreso da Bernini che la luce si può “trattare”. Una luce può esser capace di inondare lo spazio con dolcezza, in modo diffuso, attraverso aperture che non attirino l’attenzione su se stesse. Variandone l’intensità, direzione, modulandola, Baeza trasforma la luce in una sorta di principio da cui partire per elaborare i concetti e mutarli in concretezza di progetto. Osservando le sue opere ci accorgiamo di come l’architetto la educhi per raggiungere gli effetti desiderati. Ad esempio, usa il colore bianco, che per la sua caratteristica di prendere la luce la riflette e la amplifica. Ha progettato alcune tra le più belle abitazioni private di questi anni. Molto note ad esempio, la casa Gaspar a Cadice del 1992, e quella De Blas a Madrid del 2000. A Baeza dobbiamo inoltre la progettazione di numerosi edifici per l’istruzione ed opere pubbliche. Per la Casa De Blas, posta su di una collina vicino a Madrid, progetta un blocco di cemento armato di 9 metri per 27, che serve da piattaforma su cui si posa un’altra scatola completamente trasparente, realizzata in vetro e acciaio che si apre al panorama della Sierra di Madrid. Un belvedere, di 4,5mt. per 9, che consente al fruitore di osservare la natura che lo circonda. Il problema del dislivello del terreno viene risolto attraverso questo terrapieno rettangolare in calcestruzzo, dove l’architetto pone i vari ambienti della casa.
La scatola trasparente a pianta rettangolare è situata proprio sul terrapieno. Una vasca d’acqua permette il riflesso degli altri elementi naturali generando una sorta di effetto di dilatazione dello spazio. Da sotto una scala permette l’accesso alla scatola di vetro inondata dalla luce. Da qui è possibile osservare oltre che il paesaggio, anche il tempo che passa, che disegna ombre diverse nel suo trascorrere. La scatola trasparente non appare tuttavia priva di ciò che la aggancia alla terra: la gravità. Il concetto di pesantezza è infatti comunque alla base della poetica architettonica di Baeza, poiché presuppone l’esistenza stessa della struttura. In questo senso la gravità costruisce lo spazio. Lo spazio costruito, ha bisogno della luce per assumere significato, come della gravità per poter essere definito.
Brevi cenni biografici
Alberto Campo Baeza nasce a Valladolid nel 1946. Nel 1971 si laurea alla Escuela Tecnica Superior de Arquitectura di Madrid e, nel 1976, è professore incaricato all’ETSAM. Dal 1977 è corrispondente da Madrid per la rivista Architecture e Urbanisme e professore ordinario all’Ecole Polytechnique Féderale di Losanna. Nell’ambito della progettazione, collabora dapprima con architetto Julio Cano Lasso per poi progettare autonomamente opere che lo portano all’attenzione della critica. Nel 1993 ottiene il premio Pad Piedra per la biblioteca civica di Orihuela. Del 1996 è la pubblicazione del suo manifesto teorico: “La idea construida – La arquitectura a la luz de las palabras”.Ha tenuto molte conferenze: alla Architectural Association di Londra, alla Architektur Technischen Hochschule di Darmastad, alla archi-Kreis di Berna, al Royal Institute of British Architects di Londra, all’Ecole d’Architecture di Strasburgo, alla Biennale di architettura spagnola a Santander, all’Architektur Schule di Dortmund, all’Architektur Schule di Aquisgrana, alla Triennale di Milano, all’Alvar Aalto Symposium di Jyvaskyla, Seminario internazionale di Lisbona ed alla Associaçao Arquitectos Portugueses di Lisbona. Le sue opere più importanti nascono alla fine degli anni ’70 quando inizia a progettare interventi relativi ad edifici pubblici ed abitazioni nella zona di Madrid e di Cadice. Tutte queste opere saranno già caratterizzate dalla sua personale ricerca architettonica, che mira alla essenzialità e ad una poetica che pone l’uomo al centro del fare architettonico. Del 1978 è il progetto per la piazza del Duomo, ad Almería; del 1980 il Municipio di Fene, a La Coruña; del 1982 l’Asilo d’infanzia di Aspe, ad Alicante. Nel 1983 la Scuola a San Sebastián de los Reyes, e nel 1984 l’Asilo d’infanzia, di San Sebastián de los Reyes.
Nel 1985, la Scuola a San Fermín, e ne 1988 il Complesso residenziale La Viña, a Vallecas. Del 1988 è la nota Casa Turégano, di Pozuelo, e del 1989 il Complesso scolastico a Loeches. Nel 1989 il Progetto di ampliamento per la Escuela Tecnica Superior de Arquitectura, di Madrid. Nel 1990 quello per la biblioteca civica di Fuencarral.
Il 1991 vede la progettazione del Complesso scolastico, Velilla de San Antonio e di Casa García Marcos, a Valdemoro.
Nel 1992 è la volta della nota Casa Gaspar, di Zahora, a Cadice. Nel 1999 la Telefonica Offices, a Madrid e, nel 2000 la Casa De Blas. Seguiranno nel 2001 la Caja de Granata, a Granada; la Merigò House, a Madrid; nel 2003 l’Insalud Offices, ad Almeria; l’Editorial SM Offices, a Boadilla del Monte. Nel 2004 la Between Cathedrals, e la Olnick Spanu House, a New York. Dal 2004 la Church, Sevilla; la Guerrero House, e la Moliner House, Zaragoza.
Campo Baeza ha avuto numerosi riconoscimenti: il premio Ayuntamiento de Madrid e il premio Arquitectura del Colegio Oficial de Arquitectos per la scuola a San Fermin, nel 1986. Il premio speciale della giuria e la medaglia d’oro della Associación Internacional Críticos de Arte alla Biennale di Buenos Aires nel 1987. è stato scelto inoltre per numerose mostre in Europa e negli Stati Uniti.