Libeskind: sguardo al passato, ponti verso il futuro
Libeskind, che afferma di ascoltare le pietre, di cogliere i volti intorno a sé, “di costruire ponti verso il futuro fissando il passato con occhi limpidi”, è “ispirato dalla luce, dal suono, da spiriti invisibili, dalla netta coscienza del luogo e dal rispetto per la storia”, ed è oggi considerato uno degli architetti più creativi nell’ambito dell’attuale panorama architettonico. A lui, autore di progetti come quello del Museo Ebraico di Berlino, è stata recentemente affidata la progettazione dell’area del World Trade Center di New York.
Ha vinto, con il progetto di una altissima torre a spirale, che dovrà andare a costituire il fulcro di un’area carica di significati e di memorie, quella che sostituirà la voragine lasciata dalla tragedia del 11 settembre 2001. Un evento che ha segnato il cuore di Libeskind, americano d’adozione che quando ragazzo giunse a N.Y., rimase colpito dal profilo imponente di quelle due torri che si imponevano nello skyline della città. Il progetto, che naturalmente non mira soltanto a mantenere la memoria della strage, vuole conferire una vitalità ad un intero distretto finanziario, sia da un punto di vista commerciale che residenziale. Gli edifici sono concepiti in cemento ed acciaio. La torre che sorgerà al posto delle Torri Gemelle, è stata ideata compatibilmente ad una esigenza non trascurabile, e cioè quella di poter contenere l’afflusso di tutte quelle persone che vorranno visitarla anche per rendere un omaggio alla memoria dei caduti del 11 settembre. Pertanto presenterà quattro punti d’accesso al parco centrale, che poi diverrà sede di un memoriale. Intorno ci saranno altri edifici, che avranno la funzione di alberghi, uffici e negozi. Il concorso per il progetto di ricostruzione di Ground Zero è stato indetto dalla Lower Manhattan Development Corporation sotto la supervisione del sindaco della città Bloomberg.
Il nome della torre di Libenskind è “Freedom Tower”, cioè “Torre della libertà” e si propone come l’edificio più alto del mondo con una altezza di 541 metri, che corrispondono a 1776 piedi. Il numero 1776, che corrisponde all’anno della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, è stato volutamente ripreso per richiamare simbolicamente la libertà da cui la torre prende il nome. Altro richiamo alla libertà è la guglia posta alla sommità della torre, di 276 piedi, che ricorda nel suo slancio il braccio alzato della Statua della Libertà. Il progetto complessivo invece si chiama “Giardini del mondo” e comprende una “vasca sotterranea” in corrispondenza delle fondamenta originali delle Torri Gemelle situate al di sotto del livello del mare. Questo spazio Libeskind ha l’intenzione di lasciarlo come è, a memoria delle vittime del 11 settembre.
L’idea di L. di lasciare questa sorta di cratere nel mezzo del quartiere, risponde ad una esigenza di memoria, di rispetto della storia e insieme di sensibilità verso le persone che hanno perso la vita. Ciò ha prevalso sulle logiche che volevano cancellare quasi totalmente la memoria fisica dell’evento e riformulare gli spazi come unicamente offerti al ruolo di centro del business. La Torre di Libeskind condensa in sé un doppio significato, quello dello slancio verso il futuro, e quello che richiama un recente passato, che tuttavia è già profondamente storia. Un ponte verso il futuro, dunque, diretto verso il cielo, ma che in questo suo salire si avvolge su se stessa (si direbbe quasi che si contorce) quasi a voler simboleggiare il dolore, che innegabilmente, al di là di ogni possibile voglia di riscatto e ottimismo per il futuro, c’è stato e non si può cancellare.
Come ogni opera che affronta un tema così delicato e noto, anche il progetto di Libeskind per Ground Zero ha sortito naturalmente delle critiche. Molti hanno ritenuto poco adatta l’idea di lasciare immutato il cratere, altri hanno contestato la torre a spirale… Si deve a tal proposito considerare anche che più di quattrocento studi di architettura, hanno partecipato con le loro proposte al progetto del Groud Zero e pertanto il dibattito architettonico relativo alla scelta del progetto ha coinvolto parecchi soggetti. Alla vera e propria selezione tuttavia si è quasi subito ristretto a nove il numero dei finalisti (i cui progetti sono stati inseriti in un sito appositamente creato dalla LMDC).Alcune esigenze del Dipartimento di Polizia di New York, relative alla sicurezza, hanno richiesto delle modifiche al progetto. Esse riguardano ad esempio la piastra di fondazione ed un rafforzamento con una parete in calcestruzzo ricoperta di acciaio e titanio.
Negli spazi circostanti, sono state previste delle aree verdi, che si estenderanno agli edifici vicini e al World Trade Center Memorial. La torre inoltre è un edificio davvero innovativo anche sotto il punto di vista del rispetto dell’ambiente. Osserverà le regole dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale: i vetri, trasparenti, favoriranno una illuminazione naturale degli interni che a loro volta porteranno ad un consistente risparmio energetico. Vi saranno poi dei sistemi di ventilazione naturale, materiali atossici e sistemi di recupero delle acque anche per l’irrigazione dei giardini circostanti.
Brevi cenni biografici
Daniel Libeskind, nasce in Polonia, e precisamente a Lodz, nel 1946. I suoi genitori, sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, lo conducono prima in Israele e poi, a bordo della motonave Constitution negli Stati Uniti dove, all’età di 17 ottiene la nazionalità statunitense. Studia musica e poi architettura presso la Cooper Union di New York. Si laurea nel 1970. Ottiene poi la specializzazione in Storia e Teoria dell’Architettura alla School of Comparative Studies dell’Università dell’Essex. La storia, come un elemento da considerare nella progettazione, sarà sempre presente in vario modo nelle sue opere. Libeskind è infatti convinto che se noi tutti pensiamo ad un determinato periodo storico, o ad una civiltà, quello che ci verrà subito in mente sarà una architettura che in sé rappresenta lotte e speranze del tempo in cui è stata costruita. Come la storia è insita nella vita di un paese, la storia personale dell’uomo Libeskind talvolta emerge, e si manifesta attraverso quel poco di accento polacco che, in fondo, non ha mai voluto perdere. Dal 1978 al 1985 ricopre la carica di direttore del Dipartimento di Architettura presso la Cranbrook School of Art and Design. In questo periodo la sua attenzione è rivolta ad una sorta di critica dei codici convenzionali dell’architettura e alla conseguente sperimentazione di un personale linguaggio più libero da schemi e codici predefiniti. Egli desidera che l’architettura possa esprimersi come in un racconto che, sollecitando le emozioni, possa arrivare a descrivere l’animo umano.
Così già nel 1978 progetta in occasione di un concorso per l’area abbandonata del Potsdamer Güterbahnhof un edificio inclinato dove sovverte le regole geometriche degli isolati storici di Berlino. Nel 1986 fonda a Milano Architecture Intermundium, un istituto privato per l’architettura e l’urbanisitica. Nel 1987 per il concorso dell’IBA City Edge Competition, a Berlino ha il primo premio. La sua partecipazione, nel 1988 alla mostra sull’architettura decostruttivista al Museum of Modern Art di New York, lo fa conoscere ad un più vasto pubblico e assimila la sua architettura al linguaggio del decostruttivismo.
Nel 1990 apre il proprio studio professionale dopo aver vinto il concorso per l’ampliamento del Museo Ebraico di Berlino e si afferma ancora di più in seguito alla partecipazione – e alla vincita – di numerosi concorsi di architettura. Nel 1993 realizza un complesso con uffici a Wiesbaden, in Germania. Nel 1997 gli viene riconosciuto il Berlin Cultural Prize. L’anno successivo partecipa al concorso per la Philhamonie, a Brema, e, a Osnabrück, realizza il Felix Nussbaum Building, (un ampliamento del Kulturgeshichteliches Museum Osnabruck). Questa è una delle opere più rappresentative di Libeskind. Il concorso risale al 1994. Si voleva un progetto per un piccolo edificio per le opere del pittore di origine ebraica Nussbaum, ucciso nel campo di concentramento di Auschwitz. Forse è proprio questa tragica fine a fornire l’ispirazione di un’opera dal forte carattere concettuale, che si traduce in una particolarissima organizzazione degli spazi. Si tratta di un grande parallelepipedo rivestito in legno ed intagliato da alcune aperture irregolari che gli conferiscono un aspetto tragico e, al contempo, del tutto innovativo. Sono come tagli, ferite, ma nette, quasi chirurgiche. In pianta è una croce. Vi sono tre elementi distinti, ognuno dei quali ha un suo significato. Al pianterreno, si trova la galleria che raccoglie la collezione di opere realizzate da Nussbaum, e al piano superiore la sala per le esposizioni temporanee. Qui, geometrie apparentemente semplici realizzano spazi simbolici che attraverso una provocata sensazione di smarrimento vogliono tradurre l’esperienza fisica dello spazio architettonico, in messaggio. Il secondo volume è dedicato al simbolo del “cammino”. È un volume lungo e stretto, alto undici metri e largo due; il materiale è il cemento e filtra solo poca luce dall’alto. Il terzo ed ultimo corpo è un “ponte” rivestito di zinco; esso collega l’edificio progettato da Libeskind con il preesistente museo; è suddiviso in due livelli e vi sono esposti altri quadri. I tre corpi insieme realizzano al centro una corte triangolare interna aperta su di un solo lato attraverso una sottile fessura. All’interno, dopo l’entrata, si trovano due percorsi sovrapposti, illuminati da una fessura sulla copertura, ripetuta sul pavimento del primo piano, il cui progressivo dilatarsi determina un aumento graduale della luminosità.
Come progetto più importante realizzato da Libeskind è comunemente indicato il Museo ebraico di Berlino, realizzato tra il 1989 e il 1998. Anche qui parecchi elementi sono finalizzati alla concettualizzazione in chiave simbolica dell’opera. Il fabbricato è rivestito in metallo e vuole ricordare l’immagine di un fulmine. Privo di una vera e propria entrata, vi si accede da un passaggio sotterraneo attraverso la Kollegienhaus. Il corpo centrale segue un percorso irregolare, quasi a zig-zag, che richiama il cammino del popolo ebraico. Infine, una torre illuminata solamente da una luce che entra da una fessura, rappresenta il “Vuoto dell’Olocausto”.
Altri progetti sono: l’Imperial War Museum North, a Trafford, in Inghilterra; Lo Studio Weill, Port d’Andratx, a Mallorca; nel 2002 il progetto del Creative Media Centre, ad Hong Kong e del Militärhistorisches Museum, di Dresda. Nel 2003-2004 la London University Post Graduate Centre a Londra e una delle progettazioni più recenti di L. concepita insieme ad Arata Isozaki, Zaha Hadid e Pier Paolo Maggiora, il quartiere dell’ex Fiera di Milano. In ben 255.000 m.q. dei suoi 400.000 m.q. Svetteranno tre grattacieli, che dovranno costituire un punto di riferimento spaziale per tutto il complesso. Quello di L. è a forma di vela. Libeskind, ha progettato il suo edificio pensando ad altre architetture simboliche di Milano, il Duomo e la Galleria. Dopo uno sviluppo verticale, l’edificio di L. al centro fra gli altri due edifici di Isozaki e Hadid, si incurva, simulando appunto una sorta di vela. Molti sono i riconoscimenti ricevuti da Libskind: il German Architecture Price per il Jewish Museum di Berlino la Goethe Medal e l’Hiroscima Art Prize. A proposito di quest’ultimo, in occasione del conferimento ha allestito una mostra sulle sue opere e cioè del Felix Nussbaum Haus, del Jewish Museum di Berlino, dell’Imperial War Museum North ed del progetto di espansione del Denver Art Museum.
Nel 2004 è stato nominato primo Cultural Ambassador for Architecture degli U.S.A.
Daniel Libeskind, ha anche recentemente scritto un suo libro, dal titolo Breaking ground, Ed. Sperling & Kupfer, un modo in più per conoscerlo e apprezzarlo.