Arte del ‘400
Il termine Rinascimento fu utilizzato da Vasari nelle “Vite”, proprio per identificare quella rinascita delle arti che, in Italia si stava sviluppando già dall’inizio del XV secolo.
Consiste in quella nuova visione culturale, in quel rinnovamento d’arte e di pensiero, che nasce nel 1400, e che si avvale in una prima fase delle tematiche formatesi in seno all’Umanesimo per poi definirsi compiutamente nella prima metà del ‘500. L’Umanesimo, sorto come movimento letterario, anche sotto il punto di vista etimologico del termine, ci conduce agli Studia Humanitatis, volti alla conoscenza delle problematiche dell’uomo da un punto di vista etico.
Centro della cultura umanistica sarà Firenze… l’arte, non sarà più considerata come un’attività manuale bensì intellettuale. Da Firenze partiranno quei principi che, anche per ciò che riguarda l’arte e l’architettura, si irradieranno in varie parti d’Italia. La corte di Lorenzo il Magnifico si compone di una vasta cerchia di letterati che mirano a diffondere il pensiero di Platone, in diretta opposizione con le dottrine aristoteliche. La filosofia di Platone viene ripresa per ciò che riguarda il primato dello spirito dell’uomo, e la sua capacità di salire dalle tenebre alla luce. Determinante fu l’influsso dell’Accademia neoplatonica di Firenze, che si era formata proprio nel periodo di Lorenzo il Magnifico.
L’umanista Marsilio Ficino sancisce con i suoi scritti un nuovo rapporto con l’epoca classica: nella saggezza degli antichi si può ritrovare quella valorizzazione del pensiero e dell’azione dell’uomo al di fuori delle tradizionali visioni collegate alla religione cristiana. Ficino aveva tradotto le opere di Platone e un insieme di scritti attribuiti ad Ermete Trimegisto, leggendario personaggio, dal quale si dedussero dei principi esoterici. L’ermetismo voleva indagare i rapporti dell’uomo con il cosmo.
C’è un riferimento con tutto quel repertorio di simboli alchemici e astrologici della tradizione medievale, insieme ai miti dell’antichità. Non bisogna pensare che il recupero della tradizione pagana e del pensiero classico si siano voluti riprendere in contrapposizione alla religione cristiana….Si tenterà anzi, in questo periodo una sorta di mediazione, di conciliazione tra le tematiche dell’umanesimo e la visione religiosa. Conseguenza dell’umanesimo è una nuova concezione dell’arte che conduce ad una ricerca del rapporto uomo-natura.
In arte il “naturalismo”, che parte dal principio che l’arte debba imitare la natura, condurrà a considerare l’uomo al centro dell’universo come misura di tutte le cose. In scultura questo porterà ad una più attenta e consapevole caratterizzazione di gesti ed espressioni, anche se, questo “realismo” sarà sempre attenuato dall’esigenza di tendere agli ideali di bellezza e perfezione. Il classicismo rinascimentale, attuerà quel continuo riferimento, alla produzione artistica dell’antichità classica, latina e greca per risvegliare quel principio di bellezza come equilibrio ed armonia, razionalità e perfezione di proporzioni. Anche se, nelle rappresentazioni non si perverrà nel corso del 1400 a caratteri prettamente descrittivi.
La riscoperta del mondo classico comporterà pertanto il recupero dei modelli artistici dell’antichità e si farà un sempre più esplicito riferimento al “Classicismo”, ma soprattutto l’innovazione consisterà nel fatto che adesso l’uomo, con tutte le sue facoltà intellettive sarà considerato protagonista della storia e la rappresentazione del mondo circostante si porrà in funzione di colui che lo osserva. Così avviene che al punto di vista dell’osservatore, nella rappresentazione visiva, tutti gli elementi diventano subordinati. L’arte del Quattrocento pertanto si baserà, su un nuovo modo di rappresentare lo spazio: la prospettiva. Approccio scientifico alla visione e bisogno di stabilire regole fra le parti, per ottenere l’armonia dell’insieme, si tradurranno anche nello studio delle proporzioni.
Pittura e scultura ormai completamente autonome, esprimeranno la ricerca di armonia ed equilibrio fra i vari elementi compositivi. Tre le personalità di spicco: Brunelleschi, Donatello e Masaccio. È il concorso del 1401 per la porta bronzea del Battistero di Firenze, cui parteciperanno Brunelleschi e Ghiberti, a far notare per la prima volta quella nuova tendenza che propende per il naturalismo e il classicheggiante. Mentre la scena realizzata da Ghiberti si inserisce nel riquadro della formella, Brunelleschi carica le sue figure di una dinamica visione che, volendo come rifuggire dalla costrizione della cornice, appare più movimentata e libera, dell’opera svolta dal Ghiberti.
Donatello si può senza dubbio considerare l’iniziatore del classicismo rinascimentale del 1400. Egli realizza quella sintesi tra le tendenze culturali ed estetiche dell’epoca, fondendo il gusto dell’antico con una innovativa impostazione naturalistica e le recenti teorie sviluppate nel campo dell’arte: la prospettiva e la teoria delle proporzioni. Donatello non si fa ingabbiare dai modelli classici della statuaria; Trae anzi spunto da essi per delle soluzioni originali. Tutto il repertorio classico viene filtrato dalla sua capacità di reinterpretazione. Emergono prepotenti le caratteristiche espressive dei volti, gli atteggiamenti posturali. Si è parlato per Donatello addirittura di anticlassicismo…. ed in effetti volendo valutare la scultura in legno della “Maddalena”, spicca una decadenza corporea che si mostra nella sua cruda realtà. Questo ci porta ben lontani dagli ideali classici di bellezza.
Il monumento più canonicamente classico di Donatello è il “Gattamelata”, monumento equestre che si riferisce esplicitamente alla statua equestre di Marco Aurelio in Campidoglio. Ma è il “David” di Bronzo del Bargello l’opera più emblematica di questo grande scultore…denominato David, si potrebbe anche trattare del Mercurio vincitore di Argo. L’opera si ispira ai modelli classici, però l’accennata instabilità della postura e l’atteggiamento suggeriscono un qualcosa di nuovo, di straordinariamente umano. Forse un preannuncio dei primi sintomi della successiva crisi degli ideali dell’umanesimo, oltre che della sua particolare sensibilità di render partecipe un rapporto, quello con le antichità classiche, con la realtà umana della gente. Per ciò che riguarda la pittura, si abbandonano progressivamente i fondi oro ed i corpi sono definiti nell’anatomia e nel movimento. Si afferma il ritratto.
Masaccio è colui che, al pari di Donatello e Brunelleschi opera una rivoluzione nell’arte del 1400, portando alle estreme conseguenze il cammino intrapreso da Giotto. Vi è in Masaccio una definizione rigorosa dello spazio, sulle leggi della prospettiva formulate da Brunelleschi. Le figure non si trovano inserite in uno sfondo che allude semplicemente ad un determinato ambiente, ma in uno spazio architettonico o in un ambiente naturale concreto. La struttura volumetrica delle figure è definita dal sapiente uso delle luci, delle ombre e dal chiaroscuro. Si fanno strada le caratterizzazioni della fisionomia dei personaggi… Osservando la “Cacciata dei progenitori”, – 1425- opera realizzata nell’ambito degli affreschi della cappella Brancacci in S. Maria del Carmine a Firenze, notiamo una composizione piena di drammaticità, che non tende alla bellezza ideale ma solamente ad evidenziare il dolore, dovuto al peso della colpa. Questo dolore, tuttavia, non è mai urlante, ma sempre composto, dignitoso…e le scene, che sono inserite in uno spazio reale, vogliono acquisire il diritto di essere dato nella storia, eterna attualità di una documentazione di un avvenimento universale.
Sensibile all’opera innovativa di Masaccio fu Beato Angelico, frate domenicano. La concezione dello spazio in chiave prospettica è utilizzata da Beato Angelico per dare spessore alle composizioni che conservano una struttura di tipo rinascimentale, dal carattere ovviamente spirituale e trascendente. Di Beato Angelico si ricordano sovente le Annunciazioni, che sono un tema ricorrente nella sua arte. Ne definisce un modello iconografico che vede la Vergine Maria seduta a destra inquadrata all’interno di una struttura architettonica in prospettiva. L’angelo a sinistra è nell’atto di svolgere il suo compito di messo.
Un altro modo di concepire il problema della prospettiva è quello di Paolo Uccello, considerato tra i più importanti pittori rinascimentali. Chi non ricorda la “Battaglia di San Romano”. Qui anche gli spazi vuoti e le linee, diventano elementi compositivi centrali. Danno il senso di un ritmo incalzante. L’autore coltiva proprio una passione per la prospettiva, tanto da aver fatto giungere a noi tramite un aneddoto di Vasari la frase: “ Che dolce cosa è questa prospettiva”. La vede non tanto in funzione della rappresentazione dello spazio, ma in se stessa; come un modo per tradurre la realtà in termini geometrici. I corpi sono oggetti da ridurre a forme geometriche da poter mettere in prospettiva. Ecco perché la figura di P. Uccello si può accostare agli artisti dell’arte contemporanea, ecco perché è così profondamente innovativo.
Principale teorico della nuova concezione dell’arte, esposta in tre trattati sulla pittura, scultura e architettura è L. B. Alberti, architetto. Ad Urbino è attivo Piero della Francesca. La sua formazione avviene a Firenze. Piero della Francesca si pone in stretta relazione con gli ideali estetici di Alberti, e la sua arte si può comprendere meglio alla luce dello studio di questo Architetto. Piero applica la costruzione prospettica alla figura umana, e la concepisce come corpo solido nello spazio.
Altra grande personalità artistica sarà Andrea Mantenga che riuscì a fondere la sua ricerca anatomica con la prospettiva e a realizzare nelle sue opere sorprendenti scorci della figura.
Ad Antonello da Messina, si deve la diffusione in Italia della tecnica della pittura ad olio, appresa dai fiamminghi. Di Antonello, che si confermò come uno dei maggiori maestri del Quattrocento europeo, restano in Sicilia: Ritratto di ignoto marinaio; la “Annunziata” della Galleria di Palermo, il “Polittico di S. Gregorio” del Museo di Messina, e l'”Annunciazione” del Museo di Palazzo Bellomo a Siracusa.
Infine Sandro Botticelli porta il fluido disegno dalle limnee sinuose dei Fiorentini ad uno stile proprio di soavità e bellezza. In un primo tempo la sua produzione è contraddistinta da una propensione verso le visioni idealizzanti, vicine alle tendenze della corte di Lorenzo il Magnifico. Successivamente anche lui si avvierà verso una più tormentata visione che lo porterà ad un rifiuto della cultura classica, e lo congiungerà alla crisi degli ideali della cultura dell’umanesimo. C’è da dire che Botticelli era diventato seguace di Savonarola, che venne arso nel 1498.
Addirittura sul finire della sua vita, Botticelli assumerà nei confronti della prospettiva e della anatomia un atteggiamento ostile, giudicando le scienze come malvagie e auspicando un ritorno alla semplicità dei primitivi. Di Botticelli si ricordano maggiormente “La Primavera” del 1478 e la “Nascita di Venere” del 1485. Tali opere vanno inquadrate nel contesto nel quale Botticelli agiva. Tra gli anni 1470 e 1485 infatti frequenta la corte di Lorenzo il Magnifico e viene influenzato dalle teorie neoplatoniche e dall’ermetismo di Marsilio Ficino. Lui cerca la bellezza ideale, ma non come pura espressione di un fatto estetico bensì come risultato di una bellezza principalmente spirituale. Ricorre all’allegoria e al simbolo di ispirazione classica.