Michelangelo Buonarroti
(6 marzo 1475 – febbraio 1564)
- La Pietà
- Il David
- Michelangelo e Papa Giulio II
- Lo schiavo morente
- La scala del Vestibolo
- La Cappella Sistina
- Piazza del Campidoglio
- La Basilica di San Pietro
dalla pietra alla vita
Scultore, pittore, architetto… Chi era veramente Michelangelo, o meglio, di quale delle arti riteneva lui stesso essere migliore interprete. Oggi, osservando le sue opere, ci accorgiamo che da pittore, usava trattare i personaggi dipinti come fossero statue. Da architetto i suoi edifici come imponenti e articolate sculture a cielo aperto. La scultura, dunque, pare sia stata preponderante nel connotare tutto il suo linguaggio, coinvolgendo quello pittorico e quello architettonico. Eppure, quando, ormai anziano e ricco della stima di quanti conoscevano la sua arte, ricevette una lettera indirizzata allo scultore Michelangelo, scrisse: “dite a costui, di non indirizzare le lettere “allo scultore Michelangelo”, poiché qui sono conosciuto solo come Michelangelo Buonarroti… non sono mai stato pittore o scultore di Bottega… per quanto abbia servito i Papi, ma a questo fui costretto”.
Parlare del personaggio Michelangelo, della sua vita, del suo modo d’essere, può essere indicativo per cogliere qualche elemento che ritroviamo nella sua arte. Possiamo affermare che non ebbe un facile carattere, che si ribellò anche ai Papi e che coltivò la sua ricerca in un modo personalissimo. Sappiamo che la sua etica personale lo condusse a rifiutare compenso per i progetti della Fabbrica di San Pietro, il massimo tempio della Cristianità. Michelangelo credeva, in Dio e nell’amore. Tra le arti amò anche quella della scrittura… Una delle sue celebri frasi riporta: “L’amore è l’ala che Dio ha dato all’anima per salire sino a lui”. E a giudicare dalle sue opere forse lui, di ali, ne possedeva due.
È interessante capire, per giudicare il modo di operare di Michelangelo, cosa per lui fosse lo scolpire…. Dar vita ad un’opera scultorea era per Michelangelo liberare dalla pietra la forma che era insita in essa. Questo processo è paragonabile ad un riaffiorare, ad un rivelarsi, se vogliamo, ad una sorta di nascita. La forma nasce dalla pietra, con fatica. La scultura, in Michelangelo, che senza dubbio procura fatica nel realizzarla, pare nascere da uno sforzo che è comune all’opera come all’autore della stessa. Quando viene fuori non può non palpitare come di vita propria. Ecco quindi l’artista sottolineare dei particolari come le vene gonfie nella mano del David, o il braccio abbandonato del Cristo deposto dalla Croce nella Pietà, che più che realistici ci appaiono “veri”.
Il contesto sociale e culturale
Tra il 1500 e il 1525 Roma assume il ruolo di capitale del mondo Cattolico, e i Papi, come Giulio II, prendono parte attiva sia nella politica che nell’arte. Agli inizi del 1500 sono proprio i Papi a fare giungere a Roma i massimi artisti dell’epoca come Bramante, Michelangelo e Raffaello. Nel corso del secolo, l’impostazione degli assetti politici europei muta anche in relazione alla riforma luterana, che, con la messa in discussione della supremazia della Chiesa romana, causerà una divisione del mondo cristiano. La Spagna assumerà un ruolo di rilievo con l’acquisizione della corona imperiale, mentre l’Italia perderà progressivamente quella autonomia che nel corso di tutto il 1400 l’aveva contraddistinta. Nel 1527 il “sacco di Roma” compiuto dalle truppe di Carlo V, assesterà un duro colpo al già vacillante potere dei Papi, tanto da fare accettare a Clemente VII l’incoronazione di Carlo V a Bologna, nel 1530. La fine della Repubblica Fiorentina sarà il periodo più triste di Michelangelo. Ha scritto C. G. Argan nella sua “Storia dell’arte italiana”: “Benché repubblicano convinto, è sopraffatto dal terrore degli eventi: Fugge a Ferrara e a Venezia, (1529), vorrebbe riparare in Francia Firenze lo bandisce come disertore ribelle, poi lo perdona e lo richiama. Nascosto e sgomento assiste alla caduta della città; e solo più tardi, timidamente, riprende i contatti con il Papa, che nel 1534 lo incarica di completare la decorazione della Cappella Sistina”.
Scoprire Michelangelo
Di Michelangelo, si è tanto parlato, scritto, indagato… Forse oggi però il modo migliore per rendere omaggio a questo grande artista del passato è ripercorrere la sua figura come un territorio inesplorato, per tornare a meravigliarci di fronte alla sua grandezza. Oggi, che tutto ciò che di bello il rinascimento ha prodotto è dato quasi per scontato, scoprire Michelangelo, è un’impresa a dir poco ardua. Occorrerebbe cancellare dalla nostra mente opere sublimi come la Pietà o il David, dimenticare la maestosità della Cupola di San Pietro e la bellezza inebriante degli affreschi della Cappella Sistina, e provare a rimirarli con occhi nuovi, lasciandoci andare allo stupore. Lo stesso stupore di chi, per la prima volta, osservò i suoi capolavori, e cioè i contemporanei di Michelangelo.
E’ il 1550, e Giorgio Vasari, nelle sue “vite” consacra il 1500 a secolo classico per eccellenza, con un apogeo che vede al suo vertice proprio la figura di Michelangelo.
Il 1500 rimane nell’immaginario collettivo, come una sorta di vetta sublime, di traguardo acquisito nell’ambito della cultura espressiva italiana. Questo secolo tuttavia, sia per gli eventi storici che lo caratterizzarono, sia per gli sconvolgimenti che si concretizzarono nell’universo scientifico, culturale, religioso e sociale, in genere sarà segnato da profondi contrasti. Michelangelo dedicherà la prima parte della sua lunga vita alla ricerca della perfezione ideale secondo un criterio filosofico di stampo neoplatonico. Sosteneva, che la scultura in fondo esistesse già all’interno del blocco di marmo, occorreva solamente liberarla. Ciò basti per comprendere come la sua azione si configuri, in un certo senso, come una missione condotta per l’uomo e per l’arte. Afferma Argan: “Michelangelo non si propone tanto di imitare o emulare l’antico quanto di trovare la sintesi, la continuità profonda tra la spiritualità sublimata dell’antico e la spiritualità cristiana o medievale, ben più tormentata e drammatica”.
L’ansia e il tormento interiore costituiranno per Michelangelo la spinta per la creazione di molte delle sue opere artistiche. La drammatica espressione, il senso di smarrimento, la tensione verso la ricerca, tutti sentimenti di cui il secolo 1500, sarà portatore sono sintetizzati in questa straordinaria figura di artista che, alla fine della sua vita, intuirà il senso ultimo dell’esistenza con la poetica del “non finito”. Michelangelo Buonarroti nasce nel 1475, nell’aretino, a Caprese, cittadina di cui suo padre era, al tempo, podestà. Compie suoi studi a Firenze dove, dopo poco, la sua famiglia si trasferisce. Frequenta dapprima la bottega del Ghirlandaio, maestro della pittura del tardo ‘400. Michelangelo non subisce alcuna influenza da parte del suo primo maestro e prende a studiare le opere di Giotto, Masaccio e Donatello. La collezione dei Medici comprendeva a quei tempi molte sculture greche e romane… Michelangelo, animato dalla voglia di studiarle, si accosterà a quel mondo mediceo ricco di stimoli culturali frequentando il giardino dei Medici. Qui avrà modo di entrare in contatto con figure come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Michelangelo è un artista del suo tempo e in piena comunione con lo spirito rinascimentale si nutre di una cultura che sostiene che, attraverso lo studio della natura, si può pervenire alla bellezza. Era rimasto affascinato dalla capacità degli antichi di riprodurre aspetti del corpo umano tenendo conto dei muscoli, delle loro torsioni e tensioni. Michelangelo però maturerà presto l’idea che l’imitazione della natura non porta alla bellezza se non si trae da essa ciò che è migliore. Occorreva a suo avviso cercare di pervenire ad una bellezza più elevata di ciò che esisteva in natura. A questa bellezza tese, in vario modo, per tutta la sua vita.