Pierre-Auguste Renoir
(Limoges, 25 febbraio 1841 – Cagnes-sur-Mer, 3 dicembre 1919)
il pittore della gioia
Forse Renoir aveva capito di possedere un dono… quello di saper catturare gli aspetti più dolci ed effimeri, più lieti e fuggenti della vita e quello di poter rendere in pittura, ciò che l’uomo stesso non è mai riuscito a possedere interamente: la felicità.
Osservando le sue opere si può infatti sempre percepire la presenza di questa sensazione: essa promana dai personaggi ritratti incuranti della presenza dell’artista, o addirittura si avverte essere insita nell’autore stesso, che ha sempre conservato la gioia di dipingere, anche quando sul finire della sua vita fu oppresso da difficili condizioni di salute.
La copiosa produzione di opere da parte di Renoir, del resto, ne è la dimostrazione: circa seimila sono i quadri dipinti durante tutto l’arco della sua lunga vita.
Pierre-Auguste Renoir nasce a Limoges nel 1841. Il padre e la madre, che esercitavano il mestiere di sarti, decidono di recarsi a Parigi quando ancora Auguste, era appena un fanciullo.
Alla attività di decoratore di porcellane, alla quale venne avviato da giovanissimo, si deve forse la straordinaria capacità di rendere la dolcezza dei visi dei bambini da lui ritratti, oltre naturalmente alla spiccata tendenza ornamentale che espresse nelle sue prime opere pittoriche.
Frequenta poi la scuola delle belle arti. La sua carriera artistica ha inizio nel 1864 quando una delle sue opere, viene scelta per essere inclusa al Salon di Parigi, importante mostra annuale organizzata dallo Stato. Il cafè Guerbois, e i dibattiti che spontaneamente vi si sostenevano, faranno di Renoir uno dei sostenitori della pittura en plein air che coltiverà insieme all’amico Monet. Decisivi saranno poi i contatti con i mercanti d’arte, che riconobbero in Renoir un indiscusso talento artistico.
La svolta decisiva ovviamente però è da ricondurre alla mostra del 1874, (data che segna la nascita dell’impressionismo), organizzata in contrapposizione alla ufficialità del Salon presso lo studio del fotografo Nadar.
La mostra, che vide riuniti alcuni tra i nomi più famosi dell’impressionismo, ebbe il merito di portare nel mondo dell’arte, assopito e stanco, una sferzata di novità anche se ebbe all’inizio critiche ferocissime. Addirittura il termine stesso “impressionismo” ebbe origine dalle affermazioni di un noto giornalista dell’epoca che voleva sarcasticamente disprezzare l’opera di Monet dal titolo, appunto, “Impression, soleil levant”. Le prime opere impressioniste di Renoir sono caratterizzate da una infinità di piccoli tocchi di colore che sembrano promanare luce, tanto da vibrare agli occhi dell’osservatore, come di moto proprio. Il suo soggetto preferito sarà da subito la bellezza in tutte le sue forme.
L’opera di Renoir, maggiormente concentrata sulla figura umana, è orientata a cogliere le sottili sfumature insite in uno sguardo e a sottolinearle con un guizzo di luce negli occhi o con il riprodurre il moto rapido di un gesto.
Se con il ritratto di Wagner, eseguito in pochissimo tempo a Palermo durante un breve incontro, seppe rapidamente cogliere la psicologia del grande genio della musica, dipingendo i volti dei bambini Renoir ne catturerà l’innocenza e insieme quel senso di incosciente serenità, tipica del fanciullo. Se nel riprodurre un paesaggio seppe intuirne le trasparenze della luce che filtra fugace tra gli alberi, nel ritrarre la vita parigina saprà dare il senso del suo muoversi caotico.
Renoir e Monet erano amici. L’interesse di ritrarre momenti di vita quotidiana li vide spesso recarsi insieme a dipingere. Renoir, il pittore della gioia di vivere, era attratto dall’allegria della gente, Monet dalla bellezza della natura. Quale migliore posto allora per dipingere all’aria aperta, della Grenouillere, una zona attrezzata sulle rive della Senna situata ad alcuni Kilometri da Parigi.
In questi luoghi, resi facilmente raggiungibili grazie alla ferrovia, i parigini solevano trascorrere momenti di serena spensieratezza, frequentando un ristorante tipico sistemato in uno zatterone ormeggiato alla riva. Osservando i due capolavori dell’impressionismo aventi come titolo “la Grenouillere”, di Renoir e di Monet, non possiamo non sentirci coinvolti dal senso di freschezza che si avverte dalla presenza del verde e dell’acqua, il movimento della gente e dei colori riflessi, in un turbinio che coinvolge i sensi fino alla viva partecipazione.
Le differenze dei due quadri mostrano i due diversi modi di intendere l’impressionismo da parte dei due autori. L’uno maggiormente preso dall’allegra presenza umana, l’altro dagli elementi naturali che tratta, pittoricamente, allo stesso modo delle persone raffigurate, ma entrambi con l’interesse per il colore. Il colore degli impressionisti, vivo, acceso, vibrante, cosciente della luce che si rifrange sulle cose.
“La natura”,- affermerà Renoir,- “conosce soltanto i colori. Il bianco e il nero, non sono colori”.
Il celebre “Moulin de la Galette”. Contrariamente ad altre produzioni richiese una lunga preparazione ed è pertanto un quadro che Renoir definì in studio. La composizione contemplò infatti una precedente fase che vide l’artista recarsi spesso al Moulin: un mulino abbandonato nel quartiere Montmartre di Parigi, dove i parigini erano soliti riunirsi per ballare e consumare le galette. Renoir studiava i movimenti, gli atteggiamenti dei presenti ricorrendo spesso a degli schizzi che poi metteva insieme in studio. Pervenne così ad una delle opere più belle e coinvolgenti dell’impressionismo, dove tutti i partecipanti sembrano confondersi con lo stesso ritmo del ballo e con il clamore delle voci e dei suoni, grazie all’uso della luce e del colore.
Nel 1881 Renoir sembra avere una crisi che lo porta lontano dalle sue scelte artistiche. Pensa di non sapere più dipingere e di avere preso dall’impressionismo ormai tutto ciò che poteva trarne. Decide di recarsi in Italia. Durante questo viaggio la sua arte conoscerà una svolta che lo porterà ad una ulteriore evoluzione e ad un recupero del contorno e delle forme. Di Palermo porterà con sé le squillanti luminosità di una città mediterranea, e di Roma la potente lezione appresa ammirando dal vero le opere di Raffaello. Ritroverà grazie a questo viaggio un rinnovato entusiasmo che gli restituirà la gioia di dipingere (se mai l’aveva persa….).
Le “Bagnanti”, che dipingerà successivamente al viaggio in Italia, presenteranno allora dei solidi contorni e saranno donne imponenti che conserveranno solo il ricordo della leggerezza delle donne parigine, nei dolci lineamenti dei visi, ma che nel corpo ricorderanno invece solenni e tornite dee pagane, in un paesaggio che non ha più riferimenti a luoghi esistenti.
Nel 1905 Renoir, si trasferisce con la famiglia a Cagnes –sur-Mer, in Costa Azzurra, per cercare di trovare giovamento alle sofferenze causategli da una progressiva malattia reumatica. Lavorerà fino al giorno della sua morte conservando pur nelle oggettive difficoltà (le gambe paralizzate e l’uso non più agevole delle mani), la voglia di trasmettere la gioia di vivere.