Scuole regionali
Si è spesso discusso sulla portata reale dell’influenza esercitata dalla situazione socio-politica del ventennio sulle espressioni artistiche. Ad oggi non si è comunque giunti ad una interpretazione unica e condivisa circa tale tematica. Sicuramente si è però maturato nell’ambito della critica, un giusto atteggiamento di non condanna nei confronti delle arti e degli artisti che si sono mossi all’interno di dinamiche, cui a volte non potevano sottrarsi. Si è giunti a guardare cioè al fenomeno finalmente nel suo complesso, guardando positivamente sia le luci che le ombre emerse dal contesto.
Osserva Adorno nel suo “L’Arte Italiana”: “non esiste in Italia una vera arte fascista, un’arte che esprima contenuti fascisti, perché questi contenuti, e la pittura di Sironi lo dimostra, non esistono , se si eccettua un generico e accanito nazionalismo”.
Il controllo si esercitava sul sistema di comunicazione di massa, tramite organi appositamente preposti, come il Ministero della cultura popolare.
Tuttavia tale controllo non pervenne ad una definizione di una iconografia ufficiale cui fare sempre esplicito riferimento, eccezion fatta per la pittura murale, ma questa è un’altra storia….
La nascita di alcune forme d’arte interessanti nell’ambito di “scuole regionali” testimoniano proprio questo particolare clima. Gli artisti che si muovevano in questo ambito manifestavano di fatto, più o meno coscientemente, una sorta di opposizione alla pittura retorica esprimente un’”arte nazionale”.
Tale tendenza si esplicitava attraverso l’esaltazione di contenuti legati alla propria città o regione… ecco quindi emergere gruppi di artisti che vanno genericamente sotto il nome di “chiaristi lombardi” o “scuola romana”, o anche quelli che aderirono a “Corrente”.
Spesso queste tendenze manifestano un nostalgico ritorno all’arte europea del recente passato, è il caso della ripresa della lezione impressionista da parte dei “Chiaristi”.
Nel ’29 Edoardo Persico si trasferisce a Milano e apre la galleria “il Milione”. Qui si riunirono artisti che opposero ai chiaroscuri espressi dall’arte novecentista le chiare tinte di una ritrovata luminosa varietà cromatica. Si voleva ritornare alla libertà espressa nelle veloci pennellate degli impressionisti quasi in contrapposizione alla precisione magniloquente dell’arte rappresentativa.
Anche la “Scuola Romana di via Cavour” del 1927, in fondo può ricollegarsi a questo filone antinovecentista. La figura dell’artista Mario Mafai è emblematica in questo contesto.
La serie denominata “demolizioni” non è altro che la spietata denuncia dell’urbanistica fascista, indifferente al tessuto storico delle città.
Infine “Corrente”, una rivista che nel nome già esprime il suo essere in direzione diversa dal comune flusso seguito dall’arte dell’epoca. Il comune obiettivo riguardava la libertà di espressione. Il gruppo che riunisce Birolli, Sassu, Migneco, Cassinari, e altri in una comune volontà di guardare alla realtà, ma con libertà stilistica, rifiutava di partecipare a manifestazioni ufficiali. .
Gli artisti esprimono la loro arte attraverso linguaggi diversi, il denominatore comune è una opposizione all’arte proposta in sintonia con la politica di regime, che, dopo una fase iniziale di osservazione ora si faceva più pressante nei confronti della libera espressione.
Corrente reagisce alla piega che Novecento aveva preso nelle sue ultime fasi. Al nome di Corrente furono legati anche Manzù e Guttuso, esponente quest’ultimo del realismo sociale italiano.