Luigi Ghirri
Fotografo di paesaggio e d’architettura, sosteneva che: “la fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell’occhio che ferma il mondo fisico, ma è un linguaggio nel quale la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un’infinità di mondi immaginari”. Mondi, nei quali Ghirri ci ha fatto viaggiare, attraverso le sue foto cariche d’onirica poesia. Il percorso artistico di Luigi Ghirri si svolge lungo un intero ventennio, e precisamente dal 1972 al 1992, anno della sua scomparsa. Ha lavorato con importanti testate come Domus o l’Arca ma è maggiormente noto per la sua collaborazione con l’architetto Rossi, con cui esistevano molte affinità; celebre a tal proposito la fotografia del cimitero di Modena di Aldo Rossi che ritrae l’edificio in secondo immerso in un paesaggio surreale che ben interpreta la caratteristica dell’opera architettonica.
Riguardo la fotografia di Architettura Ghirri affermava: “C’è un percorso che comincia con il disegno progettuale, attraversa le fasi che ben conosciamo e si risolve nella costruzione dell’edificio. Il manufatto alla fine, viene autentificato dalla fotografia. Alla fine di questo percorso, abbiamo una specie di stereotipo dell’immagine architettonica, molto simile ad uno “still-life” mai eseguito nel mondo esterno. Anche se spesso queste “nature morte” sembrano imbrigliare e catturare lo sguardo per la singolare e vertiginosa precisione, mi ricordano però anche un po’ la fotografia di un plastico dell’edificio, più che l’architettura realizzata; cieli quasi sempre limpidi ed immobili, la macchina in asse e in bolla, il decentrabile o basculaggio per evitare distorsioni, la messa a fuoco più precisa per ottenere il massimo di nitidezza, sono il rituale necessario anche se affascinante, per consegnare l’architettura all’archiviazione museale.” Luigi GHIRRI, Per Aldo Rossi, in “Fotologia”, n.10. febbraio 1988.
Il volume “Il profilo delle nuvole”, uscito nel 1989, presenta 109 scatti alcuni dei quali dedicati al territorio ferrarese come Massafiscaglia o Comacchio, sottolineano le valenze storico-culturali di un paesaggio (gran parte del quale coincide con gli ambiti territoriali del riconoscimento che nel 1999 l’Unesco ha attribuito al territorio ferrarese come ‘patrimonio dell’umanità). Con Ghirri fotografo, si sviluppa una vera e propria corrente di fotografia del Paesaggio. Luigi Ghirri reinventa la ricerca sulla rappresentazione del Paesaggio intorno agli anni ’80, e il modo con il quale ottiene questi risultati è oggi ritenuto un dato acquisito nell’ambito della cultura fotografica italiana.
La fotografia del paesaggio diviene strumento che permette di guardare, interpretare e comunicare quei valori estetici e socio-culturali di un territorio, senza tuttavia allontanarsi dalla sua potenzialità documentaria. In tal senso la fotografia può essere un valido supporto per portare ad una più vasta presa di coscienza da parte della collettività, dei valori di un contesto. Una delle capacità di questo straordinario autore è stato il sapere esprimere i contenuti, anche quelli meno immediatamente percepibili attraverso l’immagine. Ghirri sosteneva che ogni luogo possiede un lato privilegiato per essere guardato, e che una sorta di atteggiamento volontario lo portasse a donarsi allo sguardo dell’osservatore attento, in momenti particolari, originati da un contemporaneo manifestarsi di eventi diversi ed irripetibili. Le immagini di Ghirri tendono ad un lirismo poetico e ad una nostalgia che non rinuncia tuttavia al rigore della narrazione. Si possono ritrovare in esse, intimamente fusi, concetti di tipo metafisico e le libertà espressive tipiche dell’introspezione surrealista.